Rita Mascialino, "Angiolo D'Andrea: 'Madonna con bambino (Il salice)' "
Immagine di Angiolo D'Andrea
Rita Mascialino, Angiolo D'Andrea: Madonna con bambino (Il salice)
(Collezione Famiglia Bracco.
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea A. Pizzinato. Pordenone: Dipinto ad
olio 100x70: fotografia fornita dalla Fondazione Bracco di Milano con
autorizzazione alla pubblicazione)
Si
deve alla Famiglia Bracco e alla Fondazione Bracco di Milano la realizzazione
della prima Mostra personale del grande pittore friulano Angiolo D’Andrea
(Rauscedo 1880-Rauscedo 1942) presso Palazzo Mirando a Milano 2012-2013 e della
seconda Mostra personale dell’artista, più ricca in opere, presso la Galleria
d’Arte Moderna e Contemporanea ‘Armando Pizzinato’ a Pordenone, aperta al
pubblico dal 10 aprile al 21 settembre 2014.
Si
tratta di un artista che, grazie al
pieno possesso delle diverse tecniche pittoriche e del disegno, è in grado di
esprimere a livello estetico le più varie e sottili sfaccettature e sfumature
del ricco mondo interiore conscio ed inconscio di cui consta la sua personalità.
Un mondo psichico, quello di D’Andrea, che all’analisi si rivela denso di
significati simbolici scevri dal livello di mere allegorie. Onde contribuire a
collocare la sua arte nel posto che le compete culturalmente viene data una
prima esplorazione sulla base oggettiva della spazialità dinamica (Mascialino 1997 e segg.) intrinseca all’opera,
al mondo dei simboli portati ad espressione nel dipinto. È entro le citate
coordinate concettuali che sono esposti alcuni pensieri analitici – impossibile
nel breve spazio della recensione di un unico dipinto un discorso anche solo
minimamente compiuto – relativi al mondo artistico del Maestro per tecniche e
semantica del profondo oltre che di superficie, nella fattispecie relativi
all’opera Madonna con bambino (Il salice)
progettata verosimilmente entro il periodo creativo mistico-religioso attinente
grosso modo agli anni 1905-1925 circa.
Angiolo
D’Andrea ha realizzato il soggetto relativo alla Madonna con bambino in più
dipinti simili fra di loro e tutti piuttosto distanti dalla tradizionale
rappresentazione aulica che vede la Madonna quasi sempre avvolta nel manto
azzurro, talora nero, ma comunque in linea di massima sempre vestita di abiti
idonei all’identificazione dello status consono alla Madre di Dio. In D’Andrea
la Madonna con bambino è propriamente la raffigurazione di una molto speciale
madre con il figlio bambino accolto e protetto nel suo grembo, raffigurazione
che si intitola sì alla Madre di Dio, ma
soprattutto per esaltare la qualità suprema della maternità, sentita
nella visione del mondo dell’Artista come qualcosa di divino, comunque di
superiore al possibile umano. Per fare un parallelo di conferma (op. 71, 122):
quando la Madonna di D’Andrea ha il manto azzurro, si tratta di una tonalità
cromatica fredda, spenta, che quasi non si riconosce come appartenente alla
gamma degli azzurri ed il manto appare logoro dagli usi quotidiani più modesti,
lontano da ogni importanza e regalità.
Entro
l’orizzonte in cui si situa l’interpretazione della maternità in D’Andrea la Madonna con bambino (Il salice) è
l’unico titolo che si collega ad una apparizione per così dire ufficiale della
Madonna nella storia della devozione degli umani. D’acchito si potrebbe pensare
che si tratti di una rappresentazione mariana inneggiante ai miracoli operati
nello specifico della stessa. In realtà non si tratta di questo o non solo di
questo. D’Andrea ha scelto tale Madonna non tanto per particolare devozione
alla Madonna del Salice e per i suoi miracoli, devozione che ci può anche
essere stata, ma che non ricade nel dipinto come impatto immediato, bensì per
altri motivi ben più complessi che si radicano nella sua concezione della
maternità, della vita stessa. Di fatto l’Artista ha rielaborato l’apparizione
in questione adoperando liberamente quanto la tradizione narra della Madonna
del Salice o più esattamente narrano le tradizioni – c’è più di una leggenda
sulle apparizioni di tale Madonna – e proprio questa libera elaborazione dei dati
storico-religiosi relativi all’apparizione mariana collegata al salice ha
consentito all’Artista l’ingresso dalla porta principale nel suo proprio mondo,
quel mondo che egli ha espresso ovunque in vario modo secondo i vari soggetti
ed appunto in particolare in questa tela. Per accennare alla libera
rielaborazione di D’Andrea delle leggende attorno a tale Madonna, citiamo
soltanto che nella storia della devozione: o è Cristo che è caduto ai piedi di
un salice sotto il peso della croce e la Madonna è stata allontanata dai
soldati romani mentre tentava di aiutarlo a rialzarsi e Cristo si è alzato
aggrappandosi al salice che da allora avrebbe avuto i rami piangenti; o la
Madonna è apparsa in un luogo dove i fedeli hanno poi piantato un salice e dopo
è sgorgata una fonte miracolosa ai piedi dell’albero; o prima c’era la fonte e
poi il salice; o altro di affine, ciò che appare solo marginalmente e comunque
diversamente nell’opera dell’Artista.
Vediamo
ora i dettagli fondanti la spazialità oggettiva a giustificazione
dell’interpretazione dei simboli e dei significati qui attuata iniziando
dapprima dalla tecnica che sostiene questa composizione. Angiolo D’Andrea si
serve per esprimere la sua elaborazione personale della Madonna del Salice di
una tecnica affine al puntinismo, il cosiddetto divisionismo che divide
l’immagine ed il colore non in punti saturi e non sovrapposti come nel
puntinismo, ma in linee più o meno sottili, più o meno lunghe o brevi e
all’occorrenza sovrapposte. Il puntinismo – vedi Georges Seurat come esempio principe – voleva mostrare
all’ingrandimento la scomposizione dei colori in punti non sovrapposti e non
mescolati, fusi successivamente nel processo della visione del colore percepito
nella sua globalità. Anche nel divisionismo l’osservatore avrebbe dovuto far
fare ai suoi occhi e al suo cervello la fusione cromatica sebbene non di punti,
ma di linee di colori, talora anche sovrapposti e mescolati. Sia per i punti
che per le linee tale fusione non risulta tuttavia possibile a livello dell’osservazione
di un quadro in quanto si tratta di punti e di linee ingranditi così che si percepiscono singolarmente come
tali. Se dovessimo valutare le linee del divisionista Giovanni Segatini alias
Segantini, rappresentante italiano di spicco della corrente, dovremmo dire che
le linee si percepiscono appunto esattamente come tali senza che sia possibile
fonderle in colori e tonalità unitari, per altro con un possibile senso di
fastidio per la staticità che contraddistingue in generale la pennellata divisionista
di questo pittore. D’Andrea ha scelto tale tecnica per molti dei suoi quadri
dandole spesso una carica dinamica notevole, in special modo proprio nella Madonna con bambino (Il salice). L’ha
preferita sia per il fatto che era la principale tecnica innovativa dell’epoca
in collegamento con le scoperte scientifiche sulla visione, sia, e soprattutto,
perché specificamente adatta all’espressione di particolari significati
simbolici profondi e complessi come andiamo a vedere nel cenno esplicativo che
segue relativo al dipinto in analisi.
La
riduzione dei rami del salice a linee di stile divisionista verticali dalla
dinamica dall’alto verso il basso senza il dettaglio delle foglie del salice a
vantaggio del verso discendente accentua ed esalta il movimento di caduta dei
rami come fossero pioggia battente e, trattandosi di un salice piangente,
appunto di pioggia di lacrime, pioggia di dolore. Il salice quindi con la sua
spazialità a grotta cava all’interno della sua chioma fatta di pianto esalta
l’azione del piangere a fiumi. La chioma dell’albero appare in aggiunta nel suo
insieme come una testa stilizzata in postura chinata mestamente o in pianto
così che il salice piangente di D’Andrea rappresenta a più di un livello
simbolico una proiezione del pianto umano e del pianto stesso della Madonna i
quali vengono così a delineare e a connotare da più punti di osservazione lo
spazio in cui essa appare. In altri termini: con la Madonna del Salice
l’Artista ha dato, tra l’altro come vedremo subito, intensa espressione al
dolore della figura materna e al dolore dell’umanità attorno ad essa estroiettato nella struttura del salice
piangente e nelle sue lacrime, spazialità enfatizzata dalla tecnica
divisionista interpretata dal D’Andrea, diversamente che in Segantini come accennato
più sopra, nel modo più dinamico e drammatico, tecnica che viene a sottolineare
il movimento discendente dei rami o del pianto a cascata su di una struttura a
volta e, per così dire, a volto.
Proseguendo
con la tecnica, le cromie di cui consta questo dipinto sono principalmente
l’azzurro dello sfondo rappresentato dal cielo che ripropone il colore del
classico manto della Vergine, lo sgargiante verde smeraldino delle fronde del
salice ed i bruni spenti del tronco e del suolo, della madre terra, nonché il
bianco sfumato e talora trasparente relativo all’apparizione della Madonna. La
Madonna dunque appare all’interno di un verdissimo salice che piange lunghe
lacrime che piovono copiose e pesanti fino a terra, lacrime che segnano
l’orizzonte di dolore in cui si manifesta tale Vergine e da cui essa non pare
poter uscire altro che nelle speranze che prendono vita proprio dalla presenza
del verde acceso, da sempre collegato al rinascere della natura e, per
estensione, alla rinascita delle anime degli umani a nuova vita immortale dopo
la morte fisica. Il verde del suolo allude per altro, per la spazialità che lo
connota, ad una possibile presenza di acque formate dalle lacrime stesse della
Madonna e del salice, secondo quanto il titolo del dipinto evoca con il suo
indiretto richiamo ad acque miracolose formate prodigiosamente dalle lacrime
della Madonna collegata al salice piangente, all’antro da esso formato.
Procedendo
nella comprensione del significato del dipinto, tale figura mariana non mostra
tratti identitari nel volto tranne che, forse e volendo andare molto per il
sottile, un segno più o meno invisibile per il possibile taglio della bocca per
altro molto amaro vista la dinamica dura e discendente degli angoli delle
labbra in armonia con la spazialità verso il basso dei rami, tratto che,
eventualmente, viene a rafforzare l’atmosfera generale del dipinto che riguarda
una Madonna non lieta, bensì che comunica sofferenza. Detto altrimenti: la
sofferenza intrinseca a questa rappresentazione si inferisce implicitamente dalla spazialità dinamica della
composizione del disegno, ossia dalla grotta strutturata dal salice piangente
che chiude la Madonna entro se stesso ed entro il proprio pianto proiezione di
quello della Madonna e del mondo. Il fatto che questa Madonna non abbia
identità facciale potrebbe risalire, in un livello simbolico di superficie,
alla presenza dell’epifania o manifestazione o apparizione che proviene
dall’alto, ossia divina o vicina agli
dei, talora avente luogo nella luce più accecante che trasfigura ed anche
cancella i dettagli dell’apparizione nell’abbagliamento. Tuttavia occorre
constatare come tale luce relativa alla citata epifania mariana in D’Andrea non
provveda propriamente la figura di nessuna sfumatura importante di contorni o
irraggiamenti nella vista di chi guardi il dipinto, ciò che riduce di molto la citata motivazione
epifanica non associandola ad una luce
sfolgorante e mostra al contrario come il concetto di epifania, pure potendo
questo essere stato presente nell’immaginazione dell’Artista, non sia la connotazione semantico-emozionale
principale dell’immagine. In un piano di spazialità relative a significati
simbolici più profondi la Vergine appare nel dipinto non tanto o non solo fatta
di luce, bensì appare in un manto bianco che ne copre tutte le fattezze, arti e
volto compresi. La particolare interpretazione artistica di D’Andrea relativa
all’apparizione di questa Madonna rende l’immagine parallela a quella di un
fantasma, il quale si presenti secondo la tradizione appunto in un lenzuolo di
funebre memoria dal colore da sempre collegato alla morte, il bianco come
pallore del volto e delle ossa, ossia tale figura si associa dal punto di vista
simbolico alla presenza di uno spirito giunto dall’al di là. Certo, la Madonna
è nelle sue apparizioni, considerando possibile l’esistenza delle anime dei
defunti, sempre e comunque uno spirito che giunge e si manifesta dall’al di là,
ma in generale le raffigurazioni della Madonna presentano questa come fosse una
persona viva e solo dotata di eventuale aureola o di alone divino, ma mai come
un fantasma, mentre in questa immagine di Angiolo D’Andrea la spazialità del
fantasma prevale assolutamente sulla tipologia delle apparizioni mariane. In
base all’analisi della spazialità e delle cromie di cui si compone l’immagine,
ciò che l’Artista ha dipinto non risulta essere la classica e tradizionale
Madonna – mancano tra l’altro i più bei colori della vita che sempre contrassegnano le raffigurazioni
di Maria. In altri termini: tale Madonna, prima di essere una epifania del
trascendente o del divino o un’apparizione devozionale, è a livello di
spazialità e simbolismo meno di superficie il simulacro di qualcuno che viene
dall’al di là, come lo spirito di un defunto, nella fattispecie come l’immagine
di una madre che compaia dal regno dei morti in qualità di fantasma e che sia
stata sovrapposta per il suo valore ad una apparizione della Madonna nella
natura, nella fattispecie in una grotta formata dai rami di un salice piangente
con tutta la simbologia a ciò intrinseca. Dunque una Madonna con bambino che
appare nel dolore e nel pianto per l’umanità, ma prima ancora una madre defunta
e triste per il destino crudele del proprio figlio che essa tiene nelle sue
braccia già morto, già fantasma esso stesso come si può constatare.
Di
straordinario simbolismo in questa suggestiva ed emozionantissima tela del
D’Andrea è appunto il bambino, figlio della Madonna-madre, tenuto sotto il
manto bianco, morto assieme alla madre e anch’esso raffigurato come fantasma,
ciò che risulta, dato il contesto esegetico fin qui esposto, una proiezione in
pieno della sensibilità dell’Artista verso di sé come figlio e verso la madre
scomparsa anzi tempo. Il figlio, percepito ancora bambino nella sovrapposizione
con la Madonna, è morto sul piano psicologico dei sentimenti unitamente alla
madre, come se, morta la madre, anche il figlio fosse morto metaforicamente con
lei o fosse il suo figlio martirizzato, disperato per la sua assenza e restato
legato alla propria immagine di figlio piccolo nel legame speciale che unisce
madre e figlio nella gestazione e prima infanzia. Ciò in un parziale
rovesciamento della vicenda mariana e cristiana che vede la madre sopravvivere
al figlio morto in età adulta e non il contrario. Tale parziale rovesciamento
implica e conferma come il figlio sia morto metaforicamente con la madre
deceduta prima di lui, ciò che per altro è in sintonia con l’evento più tragico
della vita di D’Andrea, appunto la morte della madre subita quando egli era
ancora fanciullo, sopravvissuto alla madre materialmente, ma morto con essa nel
suo cuore. Implica il desiderio del figlio di non vivere senza la madre, il
desiderio di non superare la fase fanciullesca dove stava felice con essa.
Per
concludere, un’importante nota sul titolo. Normalmente nei casi delle
apparizioni dei santi e della Madonna, viene citato il luogo in cui per i
fedeli è avvenuta l’apparizione o viene citato un oggetto o altro finalizzato a
riconoscere la specifica apparizione. Nella fattispecie sarebbe stato un titolo
nella norma Madonna del Salice con
bambino o semplicemente Madonna del Salice
che dà per scontata la presenza del bambino. Invece Angiolo D’Andrea ha molto
sorprendentemente scomposto l’intitolazione in due parti distinte con modalità
del tutto originale, la Madonna con
bambino da un lato e Il salice
dall’altro, indicato fra parentesi, come se si trattasse di qualcosa che stia
per l’altra fuori parentesi o come spiegazione per l’altra, non tanto o non
solo come indicazione del luogo dell’apparizione. Tale struttura linguistica
particolare ha una motivazione principale derivabile dall’analisi del
significato dell’intera opera come è stata condotta in questo studio sulla base
oggettiva della spazialità dinamica identificata nella composizione ed ha come
effetto la maggiore rilevanza sia della Madonna con bambino sia del salice,
albero dovuto ad una scelta dell’Artista tutt’altro che casuale, bensì centrale
al significato vista la presenza della struttura della grotta e del pianto
riferito alla Madonna in unione al dolore umano, nonché della natura stessa
partecipe in una quanto mai emozionante simbiosi. Angiolo D’Andrea ha dunque
voluto esprimere la sua molto personale interpretazione della Madonna del
Salice sovrapposta alla figura del fantasma della propria madre assieme al
fantasma del bambino non solo figurativamente, ma anche nei termini linguistici
di cui consta lo speciale titolo, elaborato diversamente dalla norma ed in
perfetta sintonia con la sua altrettanto diversa elaborazione simbolica del
soggetto come esposto fin qui. La Madonna e il bambino appaiono nella loro
collocazione spaziale nell’al di là, mentre
il salice appare come grotta di pianto, che si associa, seppure
lontanamente e con elaborazione diversa, la grotta betlemmitica che celebra la
maternità in ogni caso come evento divino e splendida unione di madre e figlio.
Rita Mascialino
Dipinto a olio di Angiolo D'Andrea: Madonna con bambino (Il salice)
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