RITA
MASCIALINO: LA SCOPERTA DELLA METAMORFOSI KAFKIANA IN CAVALLO NERO
Prima
di citare la mia scoperta: un grazie più che sentito all’architetto e artista
Vincenzo Piazza che per il Primo Centenario della Morte di Franz Kafka (Video
YouTube 2024) ha voluto omaggiare la scoperta della metamorfosi in cavallo nero
di Rita Mascialino (1966 e segg.) con la sua più che splendida Incisione dal
titolo ‘Il cavallo nero’, divenuta il simbolo principe del Centenario kafkiano,
e con una sua raffinatissima plaquette (Editrice dell’Angelo) delle nove sue
pregiate Illustrazioni e delle mie corrispondenti analisi semantiche
comparative; un grazie anche più che sentito all’architetto e artista Fabrizio
Nicoletti per il suo omaggio intitolato alla scoperta di Rita Mascialino (1996
e segg.) ‘Il cavallo nero’, Disegno
Artistico divenuto dal 2024 simbolo del ‘Premio Franz Kafka Italia ®’. Grazie
ad entrambi.
Immagine: Dépliant Cleup.
Ora
segue questo breve studio di chiarimento di alcuni punti rilevanti che mi paiono
indispensabili come aggiunta agli altri numerosi studi già esistenti sul tema. Non esiste solo la metamorfosi kafkiana in
scarafaggio nero, nota in tutto il mondo in quanto identificabile sul piano
esplicito del linguaggio, quindi facilmente in quanto dichiarata da Kafka,
bensì esiste anche una metamorfosi in cavallo nero sul piano implicito del linguaggio,
molto criptica nell’espressione linguistica e pertanto difficile da
identificare, nonché nota solo grazie alla mia scoperta. Le due metamorfosi si
sono susseguite nel medesimo anno 1912, dapprima quella in cavallo nero, nel
gennaio, vedi La passeggiata improvvisa, successivamente ai primi di
dicembre quella in scarafaggio, vedi La metamorfosi. La passeggiata improvvisa, ossia la
metamorfosi in creativo cavallo nero, raggiunta e dichiarata, per modo di dire,
se solo avesse potuto abbandonare la famiglia dove era ostacolato nella sua
attività di scrittore e umiliato, è un’espressione
dell’autostima e autoconsapevolezza del proprio valore di narratore attraverso
la proiezione di sé in un poderoso cavallo nero sorgente dal profondo nella
notte nera fuori dalla casa paterna, ossia nell’ambito della più potente e
libera creatività simboleggiata appunto dal colore nero. Proiezione che ha
luogo nella mente di Kafka, non causata da terzi, dall’esterno quindi, come il
termine esplicito Veränderung, metamorfosi, che compare una sola
volta nel racconto e che in tedesco e che indica una trasformazione attuata dal
soggetto stesso. La seconda dovuta a
terzi, in seno alla famiglia precisamente. La metamorfosi in scarafaggio dovuta alla
famiglia, al padre in particolare ma non solo, esplicita nel termine utilizzato
da Kafka Verwandlung, che appunto significa in tedesco una metamorfosi
attuata da altri, dall’esterno del soggetto, diversa dalla precedente, come,
per fare un esempio, quella attuata tra l’altro dalla bacchetta magica del mago
o della strega. Certo, la metamorfosi esplicita è chiara e tonda, immediatamente
comprensibile, quella in cavallo nero è oltremodo criptica, quasi Kafka dovesse
e volesse tenerla solo per sé, per non farla distruggere anch’essa dalle
umiliazioni subite dai familiari. Questa metamorfosi, implicita al linguaggio
utilizzato e difficile senz’altro da capire, è stata riconosciuta sul piano
squisitamente esegetico – potremmo dire di metodologica umanistica memoria – da
Rita Mascialino (1996 e segg.) a fronte di più di un secolo di interpretazioni
che non l’hanno colta e che tutte hanno interpretato il sintagma arduo alla
comprensione hinten die Schenkel schlagend come se Kafka uscisse dopo
cena battendosi il sederino come per farla in barba alla famiglia e anzi
diventando un cavallo nero addirittura a furia di batterselo. Ciò non è solo
errato come dimostra inequivocabilmente la traduzione e interpretazione della
forma grammaticale e lessicale tedesca, ma anche direi offensivo nei confronti
di Kafka, la cui estrema eleganza mentale e fisica mai avrebbe potuto compiere
un simile gesto volgare e stolto. Non spiegherò qui per l’ennesima volta e in
un breve studio tutta la dimostrazione dettagliata di questa straordinaria
metamorfosi che rimando tra l’altro al sito www.franzkafkaitalia.it e al saggio Il cavallo nero o l’altra
metamorfosi di Franz Kafka (La passeggiata improvvisa). Dopo la breve premessa, aggiungo al proposito che
mi è capitato tempo fa di leggere in internet che la mia scoperta della
straordinaria metamorfosi di Kafka in cavallo nero, implicita al linguaggio
utilizzato da Kafka, viene intesa da qualcuno come ‘presunta’, quindi non
sicura, naturalmente senza aver verificato le interpretazioni 'sicure, non presunte' per le quali Kafka si batte il sederino per farla in barba ai genitori mentre esce dopo cena e poi continua per diventare con questa azione, altamente non presunta, ma certa, eretto nelle sua vera statura. Io non polemizzo mai, lascio stare quando qualcuno vuole polemizzare,
polemiche che considero retaggio campestre con tutto il rispetto dovuto ai
campi. Uno disse anche che non c’erano ‘prove’ di quanto affermassi (la mia
dimostrazione dettagliatissima non contava come prova!!) e che ci sarebbe
voluta una persona ‘autorevole’ che avesse legittimato la mia scoperta. Davvero,
prima di finire i giochi data la mia età già avanzata mi sento non di
polemizzare, cosa che è accaduta, che io ricordi, solo una volta nella mia già
relativamente lunga esistenza, quando ero molto giovane, ma almeno di esprimere
la mia opinione, senza naturalmente offendere nessuno, la cafoneria è sempre
stata estranea alla mia mente. Un’opinione che mi sta molto a cuore come più
sopra: relativa alla mia scoperta di una metamorfosi di Kafka in cavallo nero
nel racconto ‘La passeggiata improvvisa’, rimasta inattinta dalla critica per
più di un secolo di pubblicazioni non più distruttibili in tutto il mondo, a
prova indelebile ormai dell’interpretazione errata. Ora la scoperta, se fosse
stata appannaggio di un accademico, nessuno avrebbe osato definirla ‘presunta’,
sarebbe stata oro colato, ovviamente, non presunta, ma certa. Essendo tale
metamorfosi identificata e scoperta da una donna, italiana, la cosa deve essere
rigorosamente ‘presunta’, non certa, ci mancherebbe che una donna fosse in
grado di una tale scoperta che nessun uomo ha mai fatto fino al momento – io
l’ho scoperta quando avevo diciannove anni, anche se l’ho pubblicata nel 1996
per la prima volta in uno studio su una Rivista friulana. Un giornale
importante disse che l’argomento era troppo specifico per la pagina culturale
di un giornale. Io lasciai perdere, appunto non polemizzo mai, per abitudine
mentale dalle origini con la sola eccezione di un caso, che io ricordi. Mi
sento però, ripeto, di difendere, finché posso ancora, almeno la mia – credo di
poter dire ‘grande’ – scoperta con le forze, seppure non più giovanili, di chi
ha ragione e non vuole cedere ai più forti. Primo: chiedo scusa per quella c he
può apparire un’audacia, ma la persona ‘autorevole’ – spero che non si senta
offeso nessuno per la mia affermazione che non usurpa nessun titolo – è Rita Mascialino
che ha compreso il linguaggio criptico di Kafka al proposito, tanto criptico
che nessun altro lo ha compreso in più di un secolo di interpretazioni del
racconto in questione. Ma io, Rita Mascialino, l’ho potuta scoprire perché non
ho mai condiviso, per carattere e forma mentis, la libera soggettiva interpretazione
e ho sempre preferito rendere ‘a Cesare quanto è di Cesare e a Dio quanto è di
Dio’ (Matteo, 22,21 in traduzione Paoline 1963: 1068), ossia dare ai testi e ai
loro autori la semantica che loro compete. Certo, errori sono sempre possibili,
ma non nel Metodo degli specialisti, in questo ambito non sono accettabili,
comunque, come in un mio Aforisma: “L’Italia è un Paese dove le idee sbagliate
durano molto a lungo”, nel caso in questione hanno superato molti molti secoli da vittoriose fino alla
scoperta della Mascialino. Non dispiacerà magari che sia stata una donna e non
un uomo a fare la scoperta? Ne ho fatte molte altre di scoperte e anzi, ancora
una altrettanto straordinaria nel racconto stesso, di cui ugualmente non posso
qui narrare in dettaglio. Al proposito di un metodo che superi la libera
interpretazione soggettiva e più o meno campata in aria in generale, ho ideato
il Metodo Spaziale e fondato il ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’, riprendendo il
fulcro della battaglia dei grandi Umanisti Italiani, la lotta anche molto
vivace dell’interpretazione interlinguistica o traduzione dei testi classici,
ossia la ricerca del loro significato oggettivo, non contraffatto per
incompetenza o ad usum Delphini come nella loro indignazione per le
contraffazioni e gli errori, come nel loro aggiornamento e approfondimento del
metodo filologico. La Mascialino ha, ovviamente nella diversa epoca, aggiornato
il metodo esegetico secondo i conseguimenti in ambito neurofisiologico,
radicando il suo Metodo Spaziale o Metodo Mascialino in una solida base,
togliendo l’interpretazione dei testi letterari dal loro essere campati in aria
e in balìa della soggettività degli interpreti – degli studiosi, non dei
lettori in generale che resta legittima in quanto primo approccio non
specialistico all’opera letteraria. In aggiunta all’aggiornamento testé citato:
sottoponendo le interpretazioni ottenute con il Metodo Spaziale sempre alla
verifica e falsificazione della logica, dimostrando ogni dettaglio esegetico,
ogni scoperta, in primis quella kafkiana, fin o a che tutto il quadro esegetico
non mostrava e non mostra contraddizioni. Ho voluto qui, appunto finché mi è
ancora possibile, far sentire la mia voce a difesa del mio operato e di Kafka –
sì, di Kafka, evitando di farlo passare per una persona volgare e stolta quale
non era e non è mai stato. Mi sia concesso dunque, possibilmente senza che
nessuno si infastidisca, di difendere la mia scoperta, il mio Metodo grazie al
quale ho fatto anche tante altre scoperte, appunto finché mi è ancora possibile
far sentire la mia voce viva.
Rita
Mascialino


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