giovedì 28 agosto 2025

 

Franz Kafka o l’impossibile reduce nella casa del duplice padre

di Rita Mascialino

 

Testo della nota di Kafka (1920 senza titolo, scritta da Kafka in un quadernino e pubblicata postuma nel 1936 da Max Brod con il titolo Heimkehr, ‘Ritorno a casa’):

“Ich bin zurückgekehrt. Ich habe den Flur durchschritten und blicke mich um. Es ist meines Vaters alter Hof. Die Pfütze in der Mitte. Altes, unbrauchbares Gerät, ineinanderverfahren, verstellt den Weg zur Bodentreppe. Die Katze lauert an dem Geländer. Ein zerrissenes Tuch, einmal im Spiel um eine Stange gewunden, hebt sich im Winde. Ich bin angekommen. Wer wird mich empfangen? Wer wartet hinter der Tür der Küche? Rauch kommt aus dem Schornstein, der Kaffee zum Abendessen wird gekocht. Ist dir heimlich, fühlst du dich zu Hause? Ich weiß es nicht, ich bin sehr unsicher. Meines Vaters Haus ist es, aber kalt steht Stück neben Stück, als wäre jedes mit seinen Angelegenheiten beschäftigt, die ich teils vergessen habe, teils niemals kannte. Was kann ich ihnen nützen, was bin ich ihnen und sei ich auch des Vaters, des alten Landwirts Sohn.  Und ich wage nicht an der Küchentür zu klopfen, nur von der ferne horche ich, nur von der Ferne horche ich stehend, nicht so, daß ich als Horcher überrascht werden könnte. Und weil ich von der Ferne horche, erhorche ich nichts, nur einen leichten Uhrenschlag höre ich oder glaube ihn vielleicht nur zu hören, herüber aus den Kindertagen. Was sonst in der Küche geschieht, ist das Geheimnis der dort Sitzenden, das sie vor mir wahren. Je länger man vor der Tür zögert, desto fremder wird man. Wie wäre es, wenn jetzt jemand die Tür öffnete und mich etwas fragte. Wäre ich dann nicht selbst wie einer, der sein Geheimnis wahren will.”

 

“Io sono tornato. Ho varcato l’ingresso e mi guardo attorno. È il vecchio casale di mio padre. La pozzanghera al centro. Attrezzi vecchi, inutilizzabili, incastrati gli uni negli altri, bloccano il passaggio alla scala che va in soffitta. Il gatto è appostato alla ringhiera. Un panno lacerato, un tempo avvolto per gioco attorno a una stanga, si alza nel vento. Io sono arrivato. Chi mi riceverà? Chi aspetta dietro la porta della cucina? Del fumo esce dal camino, si sta preparando il caffè della cena. Ti è familiare, ti senti a casa? Non lo so, sono molto insicuro. Casa di mio padre lo è di certo, ma freddi stanno i singoli individui uno vicino all’altro, come se ciascuno si occupasse degli affari suoi, che io in parte ho dimenticato, in parte non ho mai conosciuto. A che cosa posso servire, che cosa sono per loro, e sia io anche il figlio del padre, del vecchio coltivatore della terra. E non oso bussare alla porta, solo in distanza sto in ascolto, solo in distanza sto in piedi in ascolto, non così da poter essere sorpreso come uno che origlia.  E siccome sto in ascolto in distanza, non riesco a sentire nulla, sento solo un leggero ticchettio di orologio o forse credo soltanto di sentirlo, proveniente dai giorni dell’infanzia. Che altro accade in cucina, è il segreto di coloro che là siedono e lo serbano davanti a me. Quanto più si indugia davanti alla porta, tanto più estranei si diventa. Come sarebbe se adesso qualcuno aprisse la porta e mi chiedesse qualcosa. Non sarei allora io stesso come uno che vuole serbare il suo segreto.”    (Traduzione di Rita Mascialino)

 

Franz Kafka (1906), Alamy Stock Photo

La complessa annotazione scritta da Kafka mette al primo inizio la cosa importante: l’azione del ritornare a casa, espressa lapidariamente e specificata subito dopo con il verbo durchschreiten, qui tradotto con varcare, come anche con l’azione dell’essere arrivato, altrettanto lapidaria e solenne, ritorno e arrivo enfatizzati nel testo tedesco dalla lapidarietà, dal punto che impone dopo la sola azione del verbo una pausa e, nella traduzione qui proposta, azioni enfatizzate attraverso l'esplicitazione del soggetto, non necessaria in italiano. Le due frasi lapidarie implicano una, pur brevissima, pausa del respiro nel protagonista, emozionato come nell’espressione linguistica di cui sopra pur nel controllo sovrano – ma non insensibile – dello speciale reduce. Una parola sulla commozione kafkiana. Si tratta di un sentimento tenuto a bada molto razionalmente ed elegantemente in questo autore, nella fattispecie: quasi come se l’uomo che tornasse a casa avesse un nodo alla gola pensando al proprio ritorno, così da avere bisogno di una pausa nel respiro prima di proseguire. Ritorno e arrivo che si snodano su binari simbolicamente multipli nella immaginifica narrazione kafkiana. Sul binario concreto: si tratta della casa del padre riconosciuta come tale dal figlio e cui allude il fumo della preparazione del caffè del dopo cena – ma già qui il fumo, in tale contesto, è anche un segno della distruzione –, una casa in cui il figlio non sa se sentirsi in famiglia pur essendo appunto il figlio. La scala che porta alla soffitta – e che è ancora disponibile per Odradek-Kafka nel racconto La preoccupazione del padre di famiglia –, nel ritorno del figlio, è sbarrata dai rottami accumulati come se ci fosse stata una tempesta. Ma la casa kafkiana è sempre duplice. Al binario metaforico allude la presenza del panno ora senza stanga e lacerato, buttato via assieme alle cose abbandonate, comunque riconosciuto come oggetto un tempo munito di stanga, se anche già solo per gioco, comunque ad evocazione di un vessillo, già dall’infanzia comunque non una cosa seriamente intesa dai grandi, dal padre che ha permesso il gioco ai piccoli con un simbolo tanto importante come  verosimilmente l’appartenenza al proprio popolo e così la sua riduzione a straccio inutilizzabile, dimenticato tra le cose da buttare via.  Commovente è il fatto che tale simbolo implicitamente dell’esistenza degli ebrei come popolo – e dell’umanità stessa come vedremo subito –, pur se lacerato e già ridicolizzato come cosa da giochi infantili, alzi ancora i suoi resti al vento, come in un’azione di resistenza da parte di chi non voglia essere cancellato per sempre, come in una rappresentazione dell’identità e della dignità del popolo cui si riferisce, capace di alzarsi ancora, ad oltranza, anche se semi distrutto e scacciato da ogni luogo, senza casa – così nel polisemico testo kafkiano. Davvero in Kafka l’appartenenza al suo popolo e all’umanità stessa è qualcosa di vissuto drammaticamente e profondamente, qualcosa di incessantemente doloroso. In una breve digressione ritenuta opportuna: sappiamo che Kafka verso la fine dei suoi giorni rifiutò la lingua tedesca, la sua lingua madre cui diede profondità insuperate e prevedibilmente insuperabili, adducendo quale causa del rifiuto: l’individuazione in essa, molto profeticamente, del germe della violenza, ciò per cui avrebbe intrapreso, se avesse ancora potuto, il viaggio in Palestina, dove avrebbe voluto servire il suo popolo, come ebbe a scrivere egli stesso. Tornando al racconto, ad un certo punto Kafka si riferisce ai familiari utilizzando il termine Stück, pezzo, vocabolo che è idoneo nella quasi totalità dei casi a designare oggetti inanimati. Solo in un caso si può riferire a persone, considerate tuttavia con ironia o con deprezzamento – vedi genere neutro del vocabolo e del pronome jedes ad esso riferito, deprezzamento di cui è la semantica nel racconto. E certo non si può pensare – tranne stando fuori dalla logica – che gli oggetti abbiano faccende di cui occuparsi e che il protagonista non abbia mai conosciuto queste faccende, come risulta da traduzioni della libera interpretazione. In italiano il vocabolo pezzo non si adopera mai per le persone, per cui è stato scelto nella traduzione di cui sopra il termine individui, qui pure con sfumatura poco positiva, e si è aggiunta la comparazione con oggetti per specificare al meglio il significato insito nel termine Stück come appunto del pronome di riferimento jedes neutro, riduttivo nel contesto come genere attribuito a persone.

Proseguendo, sulla scia della casa del padre concreto e della bandiera abbandonata nei rottami, si apre nell’eco anche un terzo binario più universale riguardante il ritorno, l’arrivo della vita al punto di partenza come percorso esistenziale che ritorna là, da dove è partito, ossia il ritorno al padre dell’umanità, che come vedremo subito, non esiste altro che in credenze fallaci, di un’umanità infantile. A conferma, un’osservazione sul termine Landwirt, composto con Land, terra, paese, sopra tradotto con coltivatore della terra. Un termine, Land, che si addice al binario concreto nel senso di appezzamento di terra e anche a quello simbolico di terra come luogo in cui vive l’umanità, per altro un termine che compare spesso nella narrazione kafkiana, anche ad esempio nel anche nel famoso racconto Vor dem Gesetz, Davanti alla Legge, per qualificare l’uomo che si presenta appunto davanti alla Legge per essere accolto in essa, ossia ein Mann vom Lande, un uomo di campagna, nella metafora un uomo che proviene dalla Terra, spostandosi in tal modo l’ambito da quello terreno a quello metafisico. Così anche qui il vecchio coltivatore della terra è il padre concreto, agricoltore, ma anche il padre nel più ampio spazio della Terra, il proprietario o padrone metafisico – ricordiamo che nel racconto biblico il padre universale è il creatore della Terra, per così dire il proprietario terriero, sempre permanendo nel livello plurisimbolico del racconto, dell’opera kafkiana.  

Specifichiamo meglio questo speciale ritorno kafkiano nel racconto supersimbolico. Nessun padre c’è mai stato per Kafka, ossia il padre concreto non è, secondo il figlio, mai stato un padre per lui e non ne ha mai aspettato il ritorno come quello di uno di famiglia – l’ingresso è reso difficile dai rottami sparsi. Parallelamente il padre per così dire celeste c’era all’inizio della vita, ma solo nelle credenze di un’infanzia concreta e metaforica, per cui nessuno, non solo Kafka, può ritornare da qualche parte, da qualcuno, se non c’è niente e nessuno ad attenderlo, ad accoglierlo. Di fatto solo il ticchettio dell’orologio si fa sentire nell’ambito concreto e più universale, ticchettio dell’orologio che presenta il tempo impersonale che scorre per l’esistenza associato molto in lontananza alla duplice età infantile, come possibili illusioni dei piccoli in padri provvidi e dell’umanità bambina, ancora fiduciosa in padri celesti. Ribadendo: il fatto che il ticchettio quasi impercettibile provenga da molto lontano o non ci sia per niente – il tempo è muto per come vi allude Kafka con il fatto che forse non vi sia neanche un ticchettio, ossia domini nella realtà delle cose solo il nulla più muto –, non si riferisce nella polisemica narrazione kafkiana solo all’infanzia del protagonista, dei bambini, ma coinvolge anche l’infanzia dell’umanità, epoca in cui potevano sorgere e sussistere credenze e come speranze vane. Al proposito, a conferma, Kafka non usa il possessivo relativamente a suoi giorni dell’infanzia, non dice ‘aus meinen Kindertagen’, ma solo ‘aus den Kindertagen’, espressione che si presta appunto al meglio alla metafora, al simbolo universalmente esteso all’umanità. Non è senza significato, in tale ambito simbolico, il fatto che il ritorno abbia luogo di sera: nella sera della vita, quando sì è vicini alla notte, all’abbandono della vita come, nell’intreccio di simboli, per Kafka stesso ormai anche concretamente – sarebbe morto di lì a pochi anni. Kafka crede di sentire e vorrebbe sentire, origliando senza assumere la tipica spazialità più o meno curva dell’origliatore, qualcosa della vita della duplice casa, ma sente solo la voce del tempo che scorre del tutto impersonale come ticchettio dell’orologio. Così in questa brevissima narrazione Kafka presenta il nulla del suo ritorno alla casa concreta del padre terreno e il nulla relativo a un eventuale implicito ritorno al padre eterno che non attende chi a lui ritorni perché sta appunto solo come antica credenza nell’infanzia dei bambini e dell’umanità intera, come segno del potere sugli uomini, sui figli comunque nella fattispecie.

Di fronte al nulla del duplice ritorno resiste tuttavia ancora nella mente più recondita e nel cuore di Kafka, sempre secondo quanto sta nello straordinario racconto, lo straccio di vessillo implicitamente ebraico – si è nel cortile della casa paterna, ebraica, dove il padre non ha onorato la sua origine scegliendo la cultura e la lingua tedesca, soprattutto per il figlio, e lasciando l’ebraismo in piccole, insignificanti liturgie. Tale straccio di bandiera si alza ancora al vento malgrado in pezzi e abbandonato fuori dalla casa, come una proiezione, si potrebbe dire eroica, del Kafka ebreo, in pezzi, ma ancora consapevole di essere un ebreo – per quanto errante – nella sua implacabile ricerca di verità. In aggiunta, sempre sul piano più esteso della narrazione come è stato qui individuato: anche l’umanità secondo Kafka risulta errante e niente di più né di diverso.

Il racconto termina con il segreto di coloro che siedono nella casa – sempre metaforicamente duplice –, segreto che conservano davanti al figlio senza nulla aver mai rivelato o chiarito in proposito, ma nel finale c’è anche il segreto che potrebbe avere Kafka stesso e che conserverebbe, di cui quindi non si saprebbe niente, ma che si può inferire dal contesto implicito della narrazione: il segreto relativo al non illudersi sulla figura di padri incapaci di essere tali ed esistenti solo come duplice volto di un potere assoluto, come inganno per la credulità degli ingenui. Ancora un’osservazione sul plurale che compare relativo a coloro che siedono in essa, allusione ai genitori e alla doppia paternità inesistente. Il fatto che siedano evoca, sempre nel contesto, spazialità di un potere assoluto, che non ascolta né da spiegazioni, ma che pretende sottomissione non interessandosi altro che del proprio potere, come il protagonista ha ormai ben chiaro nella sua disillusa e non lieta visione del mondo.

Per concludere con una breve sintesi: Kafka, fuori dalla porta della casa del duplice padre, si trova accomunato ai rottami buttati via nel cortile, fuori sì dalla casa paterna senza un padre degno del ruolo e senza un padre celeste. Tuttavia non è da solo, bensì si trova in compagnia del vessillo lacerato, che ha ancora l’estrema dignità di alzarsi comunque per continuare ad esistere con la propria indomita individualità anche se come logoro straccio *, così come ugualmente l’impossibile reduce  sta dritto, non curvo, non piegato sebbene fuori dalla porta della polisemica casa cercando di ascoltare se vi sia vita all’interno, appunto restando eretto, senza cedimenti, sentendo null’altro che lo scorrere del tempo, ossia nulla. Sta non solo in qualità di ebreo errante per eccellenza che, scacciato da tutti o non accettato da nessuno, non può ritornare da nessuna parte perché è venuta a mancare l’illusoria duplice meta, ma parallelamente nella qualità esistenziale di uomo senza possibilità di tornare dai padri perché inesistenti come tali. Kafka sceglie dopo un’esistenza di ostinati dubbi l’unica verità che gli resta incrollabile: quella che lo vede resistere nella propria identità storica fatta di rifiuti e lacerazioni, identità di appartenente alla sua cultura di origine, appartenenza che in Kafka spazza via una volta per tutte il potere della paternità biologica proiettata in quella divina sostituite dall’appartenenza culturale tutta terrena e solo terrena, per precaria che essa sia, tuttavia l’unica capace di resistere all’analisi ad oltranza di Kafka.

Così termina l’analisi dell’annotazione senza titolo di Kafka, ulteriori tanti dettagli sono stati tralasciati per non appesantire troppo la lettura dell’analisi, avendo trattato comunque ciò che schiude la semantica di superficie e profonda della narrazione kafkiana.                                                                                    

                                                                                                                      

 

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*Nel racconto Das Urteil Kafka dà una descrizione del suo amico – in realtà il suo doppio (Mascialino 1997: Franz Kafka-Racconti scelti-Traduzioni testo a fronte e analisi: Campanotto Editore: 32-33: Collana Le carte tedesche: Postfazione di Giorgio Cusatelli: Prefazione dell’autrice) – che anticipa nell’elaborazione spaziale il reduce che sta con i rottami in Heimkehr: ‘(…) An der Türe des leeren, ausgeraubten Geschäftes sah er ihn. Zwischen den Trümmern der Regale, den zerfetzen Waren, den fallenden Gasarmen stand er gerade noch (…)’, ‘Sulla porta del vuoto e saccheggiato negozio lo vedeva. Tra le macerie degli scaffali, le merci stracciate, i bracci cadenti dei lumi a gas, stava ancora dritto in piedi (…)’. Il racconto presenta il tema dell’ebraismo, al centro della visione del mondo di Kafka, attraverso l’amico del protagonista, come anticipato il suo doppio, ma ancora il figlio vive con il padre e parla con lui, non sta fuori dalla porta – l’amico sta sulla porta anch’esso, né dentro né fuori dal negozio in rovina come le merci, i tessuti lacerati mostrano. Nell’evoluzione della kafkiana visione del mondo, in Heimkehr la decisione è ormai presa, nessun discorso è più possibile, nessun inganno, resta solo l’appartenenza culturale, che non è quella tedesca in cui è vissuto tanto profondamente, ma quella ebraica. En passant: il titolo del racconto Il giudizio, come nella traduzione di R. Mascialino nel testo citato, è diverso dai vari titoli esistenti, i quali in ogni caso non corrispondono al significato del termine tedesco, ma sono frutto della libera interpretazione, come viene spiegato nell’analisi dei titoli contenuta.




venerdì 8 agosto 2025


Qualche Informazione sulle Motivazioni culturali a monte del sito www.franzkafkaitalia.it e del 'PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®'

Dalla homepage del sito www.franzkafkaitalia.it 


N.B.   Solo onde evitare possibili fraintendimenti: 

Questo è il sito del 'PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®', Premio che non ha mai avuto a che fare con il 'Premio Franz Kafka' di Praga, né ha mai collaborato con la città di Praga,  né è mai stato sponsorizzato da nessun Comune o altro Ente, come è esplicitato nei Bandi/Moduli a partire dalla Fondazione (2011), e che riceve dal Comune di Udine esclusivamente il suo illustre Patrocinio. Il 'Premio Franz Kafka Italia ®' sorge in piena autonomia collegato alla identificazione (1996 e segg.) attuata da Rita Mascialino sul piano esegetico - squisitamente umanistico - relativamente alla straordinaria e criptica, nonché prima metamorfosi prodotta da Franz Kafka nel racconto Der plötzliche Spaziergang (1912), La passeggiata improvvisa, ossia in cavallo nero nella notte nera, metamorfosi mai identificata a livello nazionale e internazionale in più di un secolo di critica kafkiana..

Il saggio di Rita Mascialino relativo alla scoperta Il cavallo nero o l'altra metamorfosi di Franz Kafka (La passeggiata improvvisa) (2011 Cleup Editrice Università di Padova) è stato insignito tra l'altro del Primo Premio al Premio Letterario Internazionale intitolato alla famosa Locanda del Doge 27 ottobre 2013, Presidente Angioletta Masiero, Celebrazione al Seminario Vescovile, Rovigo.

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Quanto alle motivazioni culturali a monte di questo Sito, esse  sono sintetizzate in cinque mete:

1. la meta di far conoscere la prima  grande metamorfosi in cavallo nero nell’opera di Franz Kafka finora sconosciuta sia ai lettori amanti delle opere letterarie sia agli studiosi specialisti;

2. la meta di evidenziare come Franz Kafka non sia autore dell’assurdo, né tanto meno sia produttore di idee assurde, né i suoi simbolismi siano assurdi e impenetrabili dalla logica perché l’autore, come secondo alcuni, avrebbe smarrito il significato e il senso delle parole. Al proposito il sito, assieme al Premio sotto descritto, fa conoscere Kafka più da vicino e in profondità così che l’estrema coerenza logica dei mondi prodotti da questo Autore si possa vedere con chiarezza;

3. la meta di spezzare una lancia a favore del significato del linguaggio in generale in quanto strumento  in grado di convogliare significati identificabili su base oggettiva,  scientifica, ossia la meta di togliergli l’etichetta di soggettività insanabile che gli viene in genere  posta da teorie correnti;

4. la meta di far rivivere con il 'Secondo Umanesimo Italiano ®', fondato da Rita Mascialino,  il nucleo innovativo centrale della grande avanguardia dell'Umanesimo Italiano, sorto in Veneto e sviluppatosi in Toscana,  e da lì diffusosi in Europa, nucleo centrale consistente nel riconoscimento della possibilità di attingere  attraverso la più puntuale e profonda esegesi linguistica dei testi in primo luogo letterari e filosofici, ma non solo, il loro oggettivo significato al di là di manipolazioni ad usum Delphini o fraintendimenti per incompetenza;

5. La meta di offrire agli studiosi e ai letterati, nonché poeti e artisti, nelle tre diverse Edizioni attuali dell'unico 'Premio Franz Kafka Italia ®':  CULTURA CARRIERA IMMAGINAZIONE - DISEGNO ARTISTICO - PITTURA,  possibilità specifiche  di far conoscere il loro valore culturale in Italia e all'estero, in internet, quindi nel mondo. È stato istituito in seno al 'Premio Franz Kafka Italia ®' anche un PREMIO ONORARIO da assegnare fuori Concorso a studiosi, letterati, artisti, che si siano particolarmente distinti per il loro impegno nella divulgazione della cultura, della scienza e dell'arte e in ogni caso ritenuti meritevoli dell'Omaggio. Tali eventuali riceventi saranno, in totale rispetto della Privacy, avvertiti dell'intenzione di assegnazione, così che possano accettare o rifiutare prima dell'assegnazione pubblica.

Una parola sul titolo del sito: franzkafkaitalia.it e del 'PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®'

La scoperta della metamorfosi, non identificata nell’ambito delle altre culture, è stata ottenuta attraverso il filtro concettuale ed emozionale della lingua italiana (Primo Premio per il Giornalismo 'Il Musagete' conferito a Rita Mascialino dall'Istituto Culturale della Calabria relativamente alla sua scoperta, Francavilla Marittima 2013, come pure Premio alla Cultura), da ciò il titolo del Premio comprensivo del termine ITALIA. Si tratta di una lingua, l'Italiano, che, se difetta spontaneamente di guerresca angolatura logico-analitica come la può avere il tedesco ad esempio, si costruisce sul  potentissimo meccanismo dell’intuizione estetica, base non solo dell’arte e della fantasia, ma anche e soprattutto linfa vitale dello sguardo scientifico sul mondo. Non è quindi un caso secondo la Mascialino che la sua scoperta, ed anche tutte le altre numerose di significati  innovativi come si riscontrano nelle sue opere, sia potuta avvenire grazie al poderoso quanto sottile strumento semantico-emozionale fornito dalla lingua italiana. In altri termini: è il filtro estetico-intuitivo tipico dell’italiano che ha agevolato a livello profondo la comprensione dei significati linguistici, un filtro conosciuto in modo consono dalla Mascialino e sempre confrontato con altri filtri conosciuti in modo altrettanto consono dalla stessa, un filtro al quale la Mascialino ha affiancato la teconologia psichica dell’analisi scientifica. Ma mentre la tecnologia dell’analisi può essere acquisita attraverso la produzione dell’abitudine al riscontro delle proprie idee con i fatti  concreti e con la logica, l’apparato intuitivo non si lascia apprendere con un corrispondente esercizio. Si tratta di un meccanismo per eccellenza inconscio che poggia, tra molto altro, sulla presenza di ipersensibilità  nel percepire i percorsi del cervello, pure inconsci, nella loro forma immaginifica e creativa, estetica, che l’analisi spezza successivamente. E la Lingua Italiana è un giacimento prezioso di tale modo di vedere il mondo.

Rita Mascialino (detta Maddalena)

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Per gli interessati alla Celebrazione del Centenario della Morte di Franz Kafka (2024):

-Video YouTube (youtube.com/watch?v=yAuSOkXqFB4) con Grafiche Digitali e Incisioni dell'Artista Vincenzo Piazza e analisi delle opere  di Kafka e delle Illustrazioni  a firma di Rita Mascialino - Video  anche sotto il titolo: PRIMO CENTENARIO DELLA MORTE DI FRANZ KAFKA (2024)

ILIJA SHAULA, studioso serbo-americano, ha intervistato Rita Mascialino precipuamente sui temi del 'Premio Franz Kafka Italia ®' (non collegato al 'Premio Franz Kafka' di Praga né alla città di Praga, né mai sponsorizzato da nessun Comune), della sua scoperta della straordinaria metamorfosi kafkiana in cavallo nero (Der plötzliche Spaziergang 1912), mai identificata prima a livello della critica nazionale e internazionale (Mascialino 1996 e segg.), del 'Secondo Umanesimo Italiano ®', altro. Segue testo dell'Intervista a Rita Mascialino, Rivista Letteraria Internazionale Serbo-Americana 'Literary workshop "Kordun" ',  07. 27. 2025, di ILIJA SHAULA, Direttore della Rivista  di cui al link sotto  segnato:

https://www.literaryworkshopkordun.com/engleski/strana/4232/ilija-saula-rita-maskalin-smisliti-znaci-ici-izvan-stvarnosti

Immagine: Ilija Shaula

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RITA MASCIALINO: – INVENT IS TO GO BEYOND REALITY

Franz Kafka remains one of the most enigmatic, yet prophetically resonant figures in European literature. In this dialogue with Rita Mascialino, a philosopher and scholar of Kafka's deep semantics, we examine not only the symbols of his work, doors, keys, and horses, but also what remains unspoken. Silence, the violence embedded in language, and self-transcendence through the black horse become the foundation for a reflective inquiry into truth, power, and existential metamorphosis.


Literary workshop Kordun – 07.27. 2025.
Discussed, Ilija Saula
1 Dear Rita Mascialino, Where and when were you born? How was your childhood and education? What determined your further interest and pursuit of literature?

-I was born in Genoa on February 10, 1946. I dedicated a literary memory to my childhood in the novel Le carezze negate (Cleup Editrice Università di Padova, 228 pp.), published in 2005. I attended primary school in Padua, then lower and secondary school in Udine, and later graduated in Foreign Languages and Literatures from the University of Venice, known as Ca’ Foscari, where I studied under Professor Ladislao Mittner. I would have preferred to pursue Chemistry, but I had to accept my father's decision. Consequently, I began teaching German in secondary school while simultaneously earning a degree in Educational Studies. Later, I undertook various specializations in Criminology and Graphology.

My interest in literature was sparked by the marvelous fairy tales I had to read during my lonely childhood. Each evening, I was required to retell one to my father, along with an explanation of its linguistic meaning. It was a demanding and rigorous education; my father was very strict and instilled in me a strong sense of discipline through firm methods.

 
BETWEEN MEANING AND IMAGINATION: RECLAIMING TEXTS IN CONTEMPORARY CULTURE

2 Can you tell us exactly what Second Italian Humanism represents for contemporary European and world art?

-That would require a much longer discussion, but I will try to offer a brief synthesis.

The issue lies within the broader domain of imagination, both scientific and artistic, because art, like any other phenomenon, can and should be analyzed and interpreted through rigorous methods. Importantly, interpretation is not the first but the final step in scientific research.

There is a common misconception that the meaning of art cannot be approached scientifically and must be left entirely to subjective invention. This notion is problematic, as it implies that art possesses no inherent meaning, a deeply flawed concept.

Italian Humanism, which has been the most advanced avant-garde movement globally in terms of intellectual freedom, culture, and democracy, aimed to reveal the true meaning of texts through precise translation and linguistic interpretation. The unchecked freedom of interpretation, especially in literature, philosophy, and religion, has allowed institutions like the Church to distort the meaning of texts ad usum Delphini, a practice still pervasive today across cultural domains.

Italian Humanism rose in opposition to this tendency, confronting both deliberate manipulation and ignorance, as Martin Luther famously demonstrated in his Sendbrief vom Dolmetschen (1530). Its emergence was largely driven by debates around mistranslations and led to a renewal of philological practices.

Coming to the ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’ (Second Italian Humanism), which I founded in 2000 and officially registered in 2015, it echoes the great Italian avant-garde spirit of the 13th, 14th, and 15th centuries, though not in every aspect. Its focus is narrowed to the pursuit of objective textual meaning, a cornerstone of democratic culture.

For contemporary European and global art, the Secondo Umanesimo Italiano ®, both as method and theory, updated to current scientific standards, represents a call for respect toward the intrinsic meaning of literary texts. This is essential for cultural seriousness, for the dignity of readers, and for cultivating a deeper sense of democracy. Interpretation is not a simplistic task, as many might assume; however, Second Italian Humanism places this profound challenge at the heart of democratic discourse.

 

KAFKA AND THE RESPONSIBILITY OF INTERPRETATION: AN AWARD BEYOND RECOGNITION

 

3 Why do you like Kafka? How do you see his work influencing the modern world and the future?

-There are many writers and poets I admire, artists of all kinds, such as Shakespeare, whose King Lear I reinterpreted in new ways, and Collodi, whose Pinocchio I have also approached with entirely renewed readings. However, I chose Kafka as the core of my pursuit for serious and objective exegesis.

In 1996, through rigorous linguistic analysis and interpretation, I discovered a hidden metamorphosis in Kafka’s short story Der plötzliche Spaziergang (The Sudden Walk): a transformation into a black horse, cryptically expressed. This discovery stands against more than a century of superficial and often absurd interpretations shaped by uncritical free association.

Kafka confronts the essential question of human existence beyond comforting illusions. His writing reaches into the deepest philosophical and scientific inquiry, the meaning of life itself, and thus will never lose relevance. That is the enduring power of his work.

4 Your love for Kafka led to the point that you were one of the initiators and now one of the jury members for the Franz Kafka Italia National Award, which has honored numerous celebrated writers, artists and painters since 2011. It is the only award bearing Kafka’s name in Europe besides the international prize in Prague. Can you tell us more about it?

-The discovery of Kafka’s metamorphosis into a black horse. which I presented at the ESSCS International Congress in London, presided by Gerhard J. Dalenoort of the University of Groningen, compelled me to take action against profoundly misleading interpretations. These misreadings are not only misguided but, I dare say, offensive: they distort Kafka’s refined sensibility, his intelligence, and also mislead his readers.

To address this, I founded the Premio Franz Kafka Italia ® - a symbolic gesture of resistance against the cultural damage caused by false interpretations, and a call to uphold integrity in literature, democracy, and the dignity of authors.

Alongside the Franz Kafka Prize in Prague, the Italian Kafka Award is one of only two Kafka recognitions worldwide. While the Prague Prize, fittingly awarded in his hometown, remains the most renowned, my Italian Prize differs in its fundamental aim: to protect the truth of Kafka’s work and advocate for a more scientific and objective interpretation of literary and philosophical texts.

This mission reflects the deeper values of Italian Humanism. Each edition of the Prize, held three times a year, begins with my analysis and interpretation of a selected Kafka text, an intellectual prologue and tribute to the author’s profound legacy.


TO INVENT, TO INTERPRET, TO RESIST: A VOICE BEYOND LIMITS

5 How do you see the political influence of the Catholic Church on human society and human culture in the past and today?

-I fully and democratically support each individual's freedom of religion. However, speaking personally, I do not appreciate any religion or any church, nor do I subscribe to religious thinking. I do not believe in gods or goddesses.

6 You are not only a writer and cultural critic, but also a film and art critic. Can you tell us more about your critical (theoretical) and novelistic work?

-In my semantic analysis of films, I always seek to innovate the prevailing critical frameworks. Semantics, in my view, is the deepest raison d’être of art, of all the arts. It is free interpretation that often misses the target. To be clear, I refer here to the work of scholars and critics, not to the broader public, common readers or general audiences.

When it comes to my novels, short stories and poems, I need space for my imagination, not for scholarly interpretation, but for my inner world, for the deepest aspects of my personality. I continue to analyze literary, artistic and philosophical texts, yet I also require the freedom that creative writing affords. In these works, I am not bound by reality; I can transcend limits and legitimately invent.

7 Your study of Kafka’s metamorphosis into a black horse is a remarkable contribution to literary scholarship. How do you perceive your role?

-I see it as it ought to be seen, as a demonstration of the urgent need to transform our methods of analyzing the meaning of literary texts and art in general.

8 Do you think Europe today needs a new movement of humanism and renaissance?

Certainly. Humanity in general, Europe included, always needs new humanism and renaissance movements, unless it is willing to embrace barbarism.

9 How do you personally see today’s world, Europe, and prevailing cultural trends?

Most critically.

 

THE BLACK HORSE IS KAFKA’S TRUE SELF

 
10 If you were Kafka, what would you write about in a Kafkian way today?

-I’m sorry, but I cannot see myself as Kafka. I can understand Kafka, but I am not Kafka. I cannot answer your question.

11 How do you interpret the transformation of Kafka’s protagonist in The Metamorphosis? Is the insect a reflection of inner condition or social exclusion?

-There are at least two German terms for metamorphosis: Verwandlung, which titles Kafka’s famous tale, and Veränderung, which appears in The Sudden Walk. German is a highly analytical language, rich in nuances. Verwandlung refers to a metamorphosis imposed by external forces, as though conjured by a magic wand, while Veränderung denotes transformation brought about by the individual from within.

Verwandlung, in The Metamorphosis, reflects the impact of Kafka’s father's negative judgment within the family. In contrast, the Veränderung into a black horse occurs outside of the family context and stems from Kafka’s own extraordinary sense of self-worth.

12 Kafka's works often repeat symbols like gates, keys, and labyrinths. What do these reveal about the nature of truth and power?

Kafka, being profoundly intelligent, experienced, as did humanity at large, the constraining weight of power. His entire body of work is concerned with truth, but this concept is so complex that it cannot be explained in a few words. I’m sorry.

13 Kafka’s tone is often dreamlike and surreal. Do you see his visions as artistic resistance or as prophetic insight into modern existence?

-Kafka’s most important and explicit prophecy concerns the insertion of violence into the German language, which he ultimately rejected, even though it was his mother tongue. His death spared him from the fate of later German concentration camps, in which he and his sisters would likely have been interned and burned.

14 Is there a particular symbol in Kafka’s work that speaks to you personally? How have you interpreted it in your own reflections?

-Each word written by Kafka resonates with me. But the symbol that speaks to me most deeply is the black horse, a magnificent image that reveals how Kafka truly saw himself, beyond the Verwandlung imposed by ordinary people, by envious minds, and by an uncomprehending father.

15 What role does Kafka’s silence play, not in what he wrote, but in what he withheld,  in understanding his view of the world?

-Kafka was not someone who found pleasure in offending humanity. He was neither arrogant nor cruel. On the contrary, he was too intelligent and too humane to insult those who could not match his depth. He did not need to be offensive. Instead, he chose silence to express his dismay with the poverty of spirit in much of humanity.

 

THE BLACK HORSE OF MEANING

From metaphors of metamorphosis to silence as resistance, Rita Mascialino’s journey through Kafka is not merely exegetical; it is existential. It confronts the violence in language, honors the dignity of interpretation, and calls forth a new humanism anchored in precision and reverence. In every word, a symbol. In every omission, a truth withheld. In the black horse, the self is unbound.
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