RITA MASCIALINO, DEL ROGO SU CUI SI BRUCIA LA VECCHIA BEFANA
Articolo apparso sulla Rivista Culturale mensile cartacea "OceanoNews", Direttore Dr. Massimo Massa, Gennaio 2024.
La
derivazione del termine Befana come Epifania risale, come tutti sanno, al greco ἐπιϕαίνομαι, apparire, da ἐπιϕάνεια, epipháneia, da cui
feste dell’apparizione – del divino – o manifestazione del divino di
vario genere pagano e cristiano: riti di rigenerazione della natura, compresi i
riti celtici e ulteriori comunque antichissimi, e manifestazione di Gesù alla
nascita con visita e omaggio dei Re Magi, ossia Maghi, anch’essi stregoni,
sembra il 6 gennaio. Qui tuttavia la riflessione riguarda il rito secondo il
quale in alcune regioni italiane si accendano grandi falò, come ad esempio nel
Veneto, ma non solo, per bruciare in essi il fantoccio rappresentante una
vecchia, ossia la Befana, come simbolo per bruciare l’anno vecchio e far posto
all’anno nuovo – i roghi in cui si bruciano fantocci di genere maschile per
eliminare l’anno trascorso non interessano questa riflessione.
Relativamente
alla Befana dunque, si tratta appunto di una vecchia collegata all’anno
trascorso, la quale si deve supporre saggia se è vero che la saggezza
accompagna simbolicamente la vecchiaia, una vecchia che cavalca per di più una
scopa con cui viaggia liberamente nei cieli, in pieno possesso dei propri
poteri, scopa come una protesi fallica che le permetterebbe di essere libera e
di operare grandi cose, una donna speciale dunque capace di agire in
uguaglianza ai maschi pur restando donna. Anche una vecchia strega, capace a
quanto sembra di arti magiche rivolte al bene, all’elargizione di doni ai
bambini.
Perché
dunque presentare l’anno vecchio come donna e strega colpevole dei mali e
quindi bruciarla al rogo? Perché presentare l’anno vecchio, grammaticalmente
maschile per altro, come donna da bruciare? Certo già Eva è portatrice di morte
e sciagure nel mondo stando alla maledizione scagliata sull’umanità a causa sua
e del compagno nientemeno che da Dio (Sacra Bibbia 1962: Genesi: 3, 17) nell’antica
leggenda della religione ebraico-cristiano-cattolica e così è anche per la
Befana per via della condivisione del genere femminile, con le trasformazioni nel
tempo dovute al fiabesco e le associazioni ai roghi di epoche trascorse. Di
fatto un tempo era consueto pensare che i maschi portassero fortuna e le donne
scalogna, ad esempio se il primo gennaio si vedeva al mattino un uomo passare
per la strada, allora tutto l’anno avrebbe portato buone cose a chi aveva avuto
tale privilegio, il contrario se si vedeva una donna. Tornando alla Befana,
essa in sé è una donna fornita di poteri superiori, quasi per così dire
maschili o forse proprio per questi suoi poteri poco graditi quando sospettati in
una donna, i poteri dell’intelligenza, viene bruciata viva da qualche parte
ancora oggi – metaforicamente, si intende –, per il suo ardire appunto di voler
usurpare caratteristiche che in passato dovevano restare solo appannaggio
maschile, quasi essa potesse fare concorrenza al potere dell’uomo. Ricordo che
da piccola bambina vestivo quasi sempre calzoncini corti d’estate e allora il
prete del paesino predicava accesamente in chiesa contro le bambine che osavano
vestire pantaloni, magari future streghe, magari possibili future Befane da mandare
simbolicamente al rogo, chissà mai.
Comunque
invece di essere ringraziata per i suoi doni, questo auspicando il suo magico ritorno
per sempre negli anni venturi, essa viene – userei il termine corretto se non
infastidisce – assassinata con un rito che non può evitare di associarsi alla tristissima
memoria della morte al rogo di donne concrete, accusate di stregoneria, organizzato
dal Tribunale dell’Inquisizione durante tanti secoli non molto distanti. Io ho
sempre amato la festa della Befana più di ogni altra nel periodo natalizio e di
passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo e non ho mai assistito, pur
potendolo fare ed essendo stata invitata più e più volte, né voglio assistere,
al rogo della vecchia per metaforico che sia.
Possibile
che oggi, in tempi che sono cupi ancora per tante donne nel mondo, si festeggi la
fine dell’anno trascorso personificandolo al femminile in una vecchia da
uccidere bruciandola al rogo e dimenticando i suoi dolcissimi doni concreti e
metaforici di un’intera vita? Certo, la Befana è dotata di scopa nel
significato di cui sopra, è una strega e una donna audace, capace di
intelligenza, ma se questo bastava in passato a giustificare i roghi per le
donne streghe che volevano essere libere come i maschi, oggi la morte della
Befana al rogo di inizio d’anno si associa, inevitabilmente per somiglianze nel
profondo, al festeggiamento metaforico del donnicidio come punizione per il suo
ardire. Non sarebbe una festa più bella, nelle regioni in cui si brucia ancora la
vecchia, ardere una pira senza genere maschile o femminile personificante
l’anno passato, proprio dando l’incarico alla vecchia Befana di accendere l’innocuo
rogo in una edizione più umana del rito, in una conciliazione festosa con le
donne che vogliono godere del diritto alla libertà e all’intelligenza?
Riflettendo
per altro, nella nuova attribuzione dei generi che impegna tanto assiduamente e
ostinatamente i tempi attuali in alto loco, non ci sarebbe da meravigliarsi se,
dato che anche la divinità è ancora di genere assolutamente maschile, qualcuno
ritenesse e magari decidesse in qualche Commissione Europea di attribuire un
genere non più maschile in assoluto alla divinità stessa, così da aggiornare la
visione del mondo dell’umanità o di parte dell’umanità. Viviamo in tempi di
audaci aggiornamenti, di cambiamenti e trasformazioni per così dire, nel
piccolo, nel molto piccolo, rivoluzionari, per cui anche il rito della
Befana potrebbe essere rieditato diversamente, insisto: più umanamente così che
anche il rito della Befana potrebbe essere aggiornato – io ho sempre avuto e ho
grande rispetto dei vecchi, anche di quelli insopportabili, forse per questo mi
dispiace che si festeggi il rogo di una vecchia, di una strega portatrice di
buone cose concrete e ideali.
Il
rogo per la vecchia Befana è soltanto uno scherzo festoso? Certo, lo sappiamo
tutti, di pessimo gusto visti gli inevitabili agganci alla memoria storica.
Segue
un esempio (John Edwards Inquisition 2006: Mondadori: 27) di tale memoria storica
associativa per alcuni tratti rilevanti e pertinenti in questa riflessione
“(…) Uno dei primi
inquisitori, Guillaume Pelhisson, riferisce con orgoglio di casi che al lettore
moderno appaiono di una terribile crudeltà. Nel 1234, per esempio, quando la
notizia della santificazione del loro fondatore raggiunse Tolosa, i domenicani,
tra cui il vescovo della città, Raimondo di Miramont, si radunarono nel
convento per celebrare la messa. Prima che sospendessero le preghiere per
pranzare, giunse loro la notizia che un’anziana donna, sospettata di essere una
catara, era in punto di morte (presto lo sarebbe stata davvero, in un modo
inaspettato e orribile). Il vescovo si recò a farle visita e, poiché i suoi
parenti non riuscirono a metterla in guardia, la donna pensò che egli fosse un perfectus
cataro e gli aprì il suo cuore. Come risultato, Raimondo la condannò
sommariamente come eretica impenitente e la donna fu immediatamente portata
fuori dalla sua casa, ancora nel letto, e arsa viva; dopo di che i domenicani
tornarono al loro pranzo, per celebrare il nuovo santo patrono (…)”
Un’associazione
e una riflessione inopportune queste in una lieta ed immemore festività tra il
rogo metaforico di una vecchia Befana e il rogo reale di una vecchia malata considerata
eretica? L’associazione disturba la festa così bella, non il pranzo per il
patrono ovviamente, ma l’allegra cena con gli amici al caldo del caminetto? Non
è elegante una simile comparazione in un’occasione di festa? Può darsi, ma le
memorie storiche, per essere maestre di vita, vivono anche e soprattutto di
associazioni tra i fatti.
Rita Mascialino
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