sabato 28 settembre 2024

 Rita Mascialino‘Insieme falceremo il vento’: Poesie di Angioletta Masiero. Recensione.


La silloge poetica Insieme falceremo il vento di Angioletta Masiero (2023: Prefazione di Gian Domenico Mazzocato, Nota Introduttiva di Maria Braga: Illustrazioni di Massimo Beretta e Silvana Malagoli) offre, come dalla didascalia ‘Storie in versi di auto, piloti e pilotesse’, componimenti relativi a macchine da corsa dei più famosi brand e a uomini e donne alla loro guida altrettanto famosi.


Si tratta di una raccolta di liriche di eco marinettiana nella superficie del tema: l’automobile da corsa e la corrispondente velocità quali simboli della vita da viversi in un progresso vertiginoso e infinito. Angioletta Masiero affronta tuttavia l’argomento molto diversamente.  Certo, ciò che senz’altro colpisce per primo anche nelle poesie dell’Autrice è il linguaggio spesso esprimente tonalità di sferzante entusiasmo per motori poderosi di marchi importanti, per personalità di eccezionali personaggi – anche formidabili donne pilotesse – che hanno interpretato l’esistenza non solo entro le rassicuranti andature della quotidianità, ma anche come estrema emozione connessa all’esperienza della potenza, come la possono dare, nell’ambito, ritmi accessibili solo a chi pone il rischio della vita non come evento da evitare, bensì come avventura  da affrontare in un pericoloso azzardo, e a tutto ciò Angioletta Masiero ha dato coinvolgente memoria poetica nella sua opera. I piloti delle sue macchine da corsa sono portati dai versi come sul magico tappeto volante aggiornato ai tempi attuali e rappresentante le più recenti e sbalorditive tecnologie in una stupefacente alleanza con bolidi che all’uomo comune suscitano meraviglia e persino turbamento solo a guardarne la sagoma simile alla creazione di un’arte astratta delle più strabilianti. Vorrei comunque evidenziare sin da ora quale fattore rilevante, presente a livello conscio e inconscio come sempre nella creatività poetica, come già all’elogio stesso dei roboanti motori e della velocità funga da contrappunto un’aria musicale connaturata all’identità più universalmente nota della donna nella cultura di tutti i tempi come viene espressa più in primo piano anche in specifici versi di ciascuna lirica – alla sensibilità della poetessa è comunque totalmente estranea l’iperbolica volontà al maschile di Marinetti inerente alla conquista delle stelle e del cosmo infinito, bensì emerge nella raccolta un sentimento di acuta nostalgia per ciò che non è più, di memoria del passato.  

Accanto dunque all’eccitazione per il più straordinario passaggio in macchina offerto da Angioletta Masiero, poetessa dall’immaginario audace, si percepisce un’altra prospettiva di tono più sottile, ma tenace, che dà l’ingresso in uno dei territori più connotativi della grande poesia, quello relativo alla caducità della vita che assume molteplici forme e significati secondo le varie visioni del mondo, anche secondo la particolarissima visione del mondo della poetessa. I due poli entro cui si realizza la raccolta, apparentemente opposti – uno riguardante la più intensa, rapida e ardita esperienza dell’esistere, l’altro riguardante il ricordo nostalgico dell’esperienza esistenziale troppo rapidamente trascorsa –, trovano una confluenza, come andiamo a vedere.

Per recepire al meglio la natura di tale confluenza è indispensabile analizzare lo speciale titolo della raccolta, che offre un’immagine qualificante l’argomento o, più profondamente, il messaggio espresso dalla poetessa.

Insieme falceremo il vento riporta l’ultimo verso della poesia Ferrari F430 (27), di cui citiamo alcuni versi emblematici dell’atmosfera di tutta la silloge:

“Ti ho desiderata tanto,/ ti ho sognata, amata,/ cercata, ammirata./ Da bambino ti tenevo/ accanto al mio lettino,/ ti guardavo, ti accarezzavo,/ la notte ti sognavo./(…) Tu sei il sogno, sei la mitica F430./ La voglia di libertà,/ di sfrecciare su strade d’aria,/ di sentire fra i capelli/ le mani del vento./(…) Mi appartieni./ Ti appartengo./ Insieme falceremo il vento.//”  

Il pilota assieme alla sua amata, l’auto, falcerà il vento stesso, l’aria, superandoli nel suo desiderio di velocità e di estrema libertà e correndo tanto rapidamente da avere la sensazione di correre nell’aria e non più nella materialità dei percorsi – senza con ciò considerare immonda la terra come diversamente Marinetti. Tornando al verso in questione, il modo di dire che funge da base al falciare il vento è il più comune tagliare l’aria, per la rapidità nell’entusiasmo della corsa. Ma falciare il vento non coincide del tutto con il tagliare l’aria – le parole, per quanto intese sinonimicamente, non sono mai semanticamente uguali, ma solo simili se non talora anche molto diverse secondo i diversi contesti. Tagliare si può con diversi strumenti, falciare si può solo con la falce e questo strumento introduce un’azione e una semantica che apre uno scenario diverso per qualche aspetto fondamentale dal tagliare. Di base la spazialità intrinseca all’azione del falciare rimanda concretamente e usualmente all’erba o al grano o ai raccolti che si falciano – o falciavano soprattutto in altri tempi – e, nel senso traslato che su quello concreto si costruisce, si riferisce alla più sinistra figura rappresentata con la falce con cui viene abbattuta la vita degli individui, ossia il loro breve tempo concesso secondo miti di antica origine. Angioletta Masiero attua un positivo e sorprendente rovesciamento del simbolo della falce che non riguarda più il falciare le persone, bensì il vento, ciò che, nel contesto, modifica anche il simbolismo del vento, dotandolo del volto del tempo occhieggiante sotto quello della velocità. Vediamo come il vento sia, tra le ulteriori numerose simbologie ad esso collegate, spesso sentito dai poeti e nei miti come il tempo che fugge veloce, come una sua voce, vento e tempo collegati a ricordare agli umani la caducità della vita. Ad esempio, nel solitario Leopardi delle Rimembranze il vento reca dalla torre del borgo lo scandire dell’ora facendosi voce del tempo che passa e della transitorietà dell’esistere. Come variazione sul tema, nella lirica di Neruda El viento en la isla, Il vento nell’isola, isola metafora della vita sulla Terra, il tempo chiama il poeta con la voce del vento per portarlo lontano, nell’ignoto, così che l’uomo chiede aiuto all’amore – alla donna amata che lo rappresenta – per restare ancora, per avere una sosta prima di ricominciare il solitario viaggio – anche l’ultimo viaggio. Nella poetessa Masiero la sovrapposizione del vento al tempo avviene attraverso la condivisione della velocità e dell’intangibilità: vento che corre veloce come il tempo, vento che è intangibile come il tempo. La falce, nel suo senso simbolico, falcia il vento in veste di tempo esistenziale, non la vita quindi, bensì falcia il tempo limitato dell’esistere per dare spazio a un tempo infinito. In altri termini, il falciare il vento, che nel contesto assume, sul piano simbolico, anche la connotazione del tempo con cui condivide la velocità e l’impalpabilità, indica l’abbattimento della fuggevolezza e rapidità riservate all’esistere. Questo eccezionale abbattimento che rovescia  l’azione simbolica della falce come accennato, può avvenire nello slancio titanico del cuore della poetessa, in un potentissimo eros di vita, di volontà di vita ad oltranza che vuole superare i confini riservati all’umano. Alla confluenza sopra anticipata le due strade – l’intensa interpretazione del vivere all’insegna della rapidità e la rapidità dello scorrere del tempo esistenziale – si sovrappongono e imboccano l’unico percorso che va oltre o vuole andare oltre la brevità della corsa dell’esistenza. Ribadendo ancora, la simbolica falce abbatte e supera sia la corsa del rapido vento superandolo, sia la corsa del rapido tempo esistenziale a vantaggio della possibile continuazione della corsa nel percorso di un tempo infinito.

Venendo al su accennato punto di vista connaturato alla donna, esso è espresso nella presenza dell’avverbio insieme. Esso, all’inizio del sintagma, pone subito in primo piano l’altro con cui si viaggia, rimarcando con ciò il suo significato: l’auto amata con cui si corre, certo, ma anche e soprattutto, nell’indeterminatezza dell’espressione linguistica che contraddistingue il titolo, anche una persona – ovviamente amata anch’essa – con cui si vivrà in un’unione che falcerà il vento/tempo esistenziale leopardianamente solitario, superandolo e abbattendolo, come, ricordiamolo ancora, la presenza della simbolica falce poetica indica nel suo utilizzo innovativo. Non si tratta per così dire di una eventuale hybris individuale o solipsistica, più adatta all’espressione di una visione maschile, si tratta di un impeto di vita che possiamo definire eroico al femminile, come se la corsa verso l’unico percorso fosse pilotata da una donna non solitaria ma insieme nell’amore più grande, questo è il messaggio più profondo che ci dà la poetessa Angioletta Masiero nella meravigliosa e speciale corsa che mai si interrompe – e che non termina nel letto celeste di Marinetti, celeste, ma sempre letto adatto alla stasi, meno che mai alla rapidità che in esso al contrario si interrompe. Diamo un esempio illustre per evidenziare la grande differenza tra il sentire della donna Angioletta Masiero e quello di un uomo, il poeta Ezra Pound: “What thou lovest well remains, the rest is dross” (Canti Pisani, Canto LXXXI), Quel che ami davvero, rimane, il resto è scoria” (Trad. di RM), versi immortali che tuttavia mancano dell’amore per l’umanità: ciò che tu ami, non un essere vivente quindi, ma qualcosa – azioni e ambiti di varia natura, situazioni e altro, mete da raggiungere –, qualcosa quindi che tu in solipsistica solitudine maschile ami, resta, il resto è scoria. E il resto, nel contesto, sono niente meno che le persone, escluse dall’utilizzazione del pronome what che non si può riferire grammaticalmente alle persone, mentre con l’avverbio insieme a introduzione dell’azione del falciare c’è la macchina, sì, ma nel senso simbolico anche la persona amata, non solo, possono essere anche più persone nel noi del titolo indeterminato, ossia comprendente l’umanità intera guidata nel caso dalla donna nella corsa che può non interrompersi in uno spazio senza confini, senza limiti. Angioletta Masiero fa un vero capolavoro di rimbalzi concreti e simbolici nelle liriche  di questa silloge sempre riferibili al doppio binario in cui vengono a sovrapporsi l’oggetto e la persona, il senso concreto e il senso simbolico, così che prevale un’unione tra gli esseri umani che si realizza nell’incitamento a non interrompere la corsa e a superare la solitudine, questo come è nella natura della donna che genera la vita e da sempre accompagna la stessa con la speranza della continuazione nell’unico percorso, sciogliendo il suo canto.  

L’immagine nel titolo pervade tutta la silloge, che si svolge, come è stato sottolineato, su due piani: uno più di superficie, l’altro più profondo, dal titolo in poi. Ovunque, in tutte le due parti – ‘Storie di auto’ e ‘Piloti e pilotesse’ – che compongono la raccolta si respira l’aria della più appassionata nostalgia per la vita di tanti grandi personaggi la maggioranza dei quali non è più, del più imbattibile amore per la vita in sé, ossia si trovano sparsi ovunque versi di pura creatività poetica poggianti su una visione dell’esistenza che va al di là delle concrete e luccicanti macchine da corsa per quanto belle esse siano. Ed è la pilotessa Angioletta Masiero, la donna, a condurre insieme oltre il tempo con il suo amore che non si arresta nei piccoli spazi terreni, ma che si espande nel mistico viaggio nell’infinito.

Così, analizzando la complessa semantica espressa nella silloge Insieme falceremo il vento della poetessa Angioletta Masiero. Una silloge che si spende, nel profondo, all’insegna di una corsa che al bivio citato si fa coraggiosa e più intensa volontà di abbattere lo speciale vento, di falciarlo in un anelito di vita e di speranza invincibili.

Moltissimo ci sarebbe ancora da dire, ma ci vorrebbe allora uno spazio maggiore di quello a disposizione di una Recensione.

Prima di concludere seguono alcune tra le tante citazioni possibili dalle belle e profonde liriche al proposito:

“(…) Adesso che dentro sento/ tutti gli inverni del tempo/ e ho dimenticato/ i profumi delle primavere/ si smorza la mia voce/ un poco ogni sera./ Il mio pensiero è scia di polvere/ lasciata sulla strada delle ore./ Tempeste gelate mi hanno raffreddato il sangue/ e mi accorgo/ di aver perso quella luce/ che mi rideva negli occhi./ Non ci saranno  altri raduni, mai più quel suono/ di clacson e motori/ a riscaldarmi il cuore./ (…)” (Me le porto nel cuore: 26)

“(…) Eri polvere di stelle, Rudy,/ polvere di un tempo ormai passato./ Non contano più gli anni,/ né i giorni lontani./ Sei dentro un nuovo tempo./ Sei nel battito dell’universo/ (…)” (Rodolfo Valentino e la sua Isotta Fraschini: 32)

“(…) Per anni e anni Antonietta Avanzo continuò/ a scrivere nel vento/ le sue passioni ardenti, le sue sfide./ Se ne andò a ottantotto anni./ Ma quando l’alito della notte/ sfiora la luna bianca/ sembra di udire nell’aria/ il pulsare antico del suo coraggio/ che non ha tempo né fine/ (…) (La baronessa volante: 65)

“(…) Ora sei nel vento che piega le betulle,/ nel dirupo coperto di ginestre,/ sei nel sole sbriciolato/ sugli alberi del bosco/ e nel vasto fluire della luce/ nell’obliquo pennello del tramonto (…) (La leggenda di Jim Clark: 110)

Qui termina questa Recensione di Insieme falceremo il vento come messaggio potente d’amore, di vita da vivere intensamente inviato all’umanità dalla donna e poetessa Angioletta Masiero che nelle sue liriche spezza la sua lancia tale da abbattere il tempo limitato della vita terrena per aprire l’infinito orizzonte alla speranza della continuazione della corsa insieme all’altro, agli altri.

                                                                                                             Rita Mascialino

 

Angioletta Masiero (Rovigo) è scrittrice e poetessa pluripremiata, giornalista premiata nel 2014 dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto con Medaglia d’Argento per i trentacinque anni di giornalismo continuativo e di spessore su importanti Testate del Veneto, ricercatrice in ambito culturale relativamente a personaggi del Polesine, inserita nell’Accademia dei Concordi e del Soroptimist di Rovigo “Donne Polesane Letterate Illustri dal 500 ai giorni nostri”, Presidente da 26 anni della storica Sezione Provinciale di Rovigo per l’UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), Referente Provinciale Theleton per le Malattie Genetiche Rare e tanto altro.

martedì 24 settembre 2024

 Premio conferito a Rita Mascialino ECCELLENZA CULTURA 'GIAN ANTONIO CIBOTTO' VII Ed. 2024


Domenica 22 settembre 2024, LENDINARA DI POLESINE (RO ), storico Teatro ottocentesco 'Ballarin', Celebrazione della VII Ed. del Premio 'Gian Antonio Cibotto', fondato e presieduto da ANGIOLETTA MASIERO, donna impegnatissima culturalmente e nel sociale, scrittrice e poetessa pluripremiata, tra l'altro Presidente UILDM (Unione Italiana Lotta contro la Distrofia Muscolare - Sede Nazionale Roma) per la Sede Provinciale di Rovigo da ventisei anni, Referente Theleton per le Malattie Genetiche Rare, giornalista premiata nel 2014 con Medaglia d'Argento per i Trentacinque anni di giornalismo di spessore dall'Ordine dei Giornalisti del Veneto, e molto molto altro.
Al 'Romanzo a Racconti' di Rita Mascialino 'Il dovere e la giustizia' (Cleup Editrice Università di Padova, 2018) è stato assegnato il prestigiosissimo Premio 'ECCELLENZA CULTURA', Premio che mi viene particolarmente caro anche perché mi viene dal VENETO, regione in cui, a Padova, ho vissuto quattro anni della mia infanzia e che ricordo con tanta amorevole nostalgia per il bellissimo e dolce territorio in sintonia con la accogliente cordialità della popolazione. Premio che mi onora e di cui ringrazio sentitamente Angioletta Masiero assieme a tutta la Giuria e allo staff del Premio composto da illustri personaggi della cultura in ambito nazionale e del Polesine, e che dedico alla memoria della sofferta vita della protagonista Silvana Marini, non più con noi dal febbraio 2019, grandissima donna friulana, di Udine, di rara intelligenza, capace da sola di tenere in piedi cinque cantoni e anche di più nel duro ambito del vecchio Friuli, di cui il romanzo dà uno scorcio psicologico assieme alla descrizione delle arcigne montagne Nord Orientali e dei loro misteriosi specchi lacustri nel loro aspetto arcaico, non turistico.

A Lendinara la Mascialino è stata gentilmente accompagnata in macchina dall'amica carissima Anna Centeleghe, che vive a Udine, ma è di famiglia veneta di Feltre BL.

Dalla Motivazione redatta dalla Presidente Angioletta Masiero relativa alla parte dedicata in particolare a Silvana Marini:
"(...) 'Il dovere e la giustizia' è esemplare per stile e contenuti. La protagonista del romanzo a racconti non è un personaggio di fantasia, ma una persona reale, una vicina di casa dell'autrice. Silvana Marini di Udine è una donna giusta, onesta, una donna che rappresenta il Friuli segreto. Nonostante i seri problemi di salute Silvana non si è mai tirata indietro, ha aiutato la sua famiglia in tutti i modi. Questa donna generosa, nell'Intervista che chiude il libro, ha dichiarato: 'Fino all'ultimo si deve vivere dando il meglio nel proprio possibile'. Un'opera di alti valori e significati (...)"
A Silvana Marini, in totale oggettività in sua memoria!
Rita Mascialino



Immagine: a sinistra nella fotografia la Fondatrice e Presidente del Premio 'Gian Antonio Cibotto', a destra l'Assessora Silvia Saggioro con la scultura Premio, al centro Rita Mascialino visibilmente e profondamente commossa. (https://www.rovigo.news/undici-polesani-premiati-al-settimo-premio-
cibotto/)

venerdì 6 settembre 2024

 

Rita Mascialino, 

Considerazioni sulla sessualità: Kubrick, Dante, Leonardo da Vinci e l’attualità europea 

Potrà apparire a prima vista non consono o quantomeno bizzarro un possibile parallelo tra Kubrick (1928-1999) e Dante (1265-1321) in relazione all’attualità dell’Unione Europea relativamente alla gestione della sessualità: il regista del capolavoro Eyes Wide Shut è uomo della contemporaneità, il poeta della super divina Commedia è uomo del Medioevo. Le epoche sono reciprocamente molto distanti e c’è tutto un progresso scientifico, culturale e politico di mezzo fino all’epoca attuale. Entrambi gli artisti però, nel riconoscimento del limite nella gestione del sesso, sono concordi. Quali uomini universali che superano tutti i tempi e i luoghi, essi non considerano positivamente il sesso sfrenato, estremo, e credo abbiano ragione: la sfrenatezza istintuale nel sesso, da qualsiasi punto di vista la si consideri, non potrà mai essere un valore, in nessun tempo, in nessuna società, ossia non potrà mai essere motore di progresso qualsiasi, ma solo di eventuale decadenza.

Immagine: 24orenews.it/

Diamo qualche dettaglio a possibile giustificazione del giudizio testé espresso, come è sempre necessario quando si esprimono giudizi, opinioni.

Nel film Eyes Wide Shut, il grande regista Stanley Kubrick, tra il molto altro – si tratta di un messaggio filmico non superficiale, bensì articolatissimo e profondo – mette in relazione il sesso sfrenato e scollegato dalla sfera del sentimento con una possibile maggiore disponibilità alla violenza ideologica e pratica fino a condurre all’omicidio senza che si abbia nessuno scrupolo. Certo, si uccide anche senza la sfrenatezza nel sesso – Kubrick nel film non fa soverchia differenza neanche tra le fantasie estreme e le applicazioni concrete delle stesse –, ma non è questa una riflessione su altro che tolga il senso del limite, qui l’argomento è la considerazione della sessualità, divenuta così importante attualmente anche stando alle Raccomandazioni nonché Regolamenti e Direttive, Leggi emanate dall’Unione Europea. Tuttavia è altrettanto certo che sia una caratteristica primaria della sessualità, data la sua centralità niente meno che per la perpetuazione della specie, la capacità di suscitare sensazioni di potenza soprattutto o anche solo nei maschi a fronte della loro specifica natura, producendo utili stimolazioni a nobili gesta. Tali stimolazioni al contrario, in presenza di una sessualità fuori controllo, possono agevolare nell’individuo il sorgere di consce e inconsce illusioni, anche estreme, di potenza – appunto illusioni – che per così dire non stanno chiuse nei circuiti deputati alla sessualità, ma escono e danno la loro colorazione sfrenata ad altri comportamenti, precipuamente a comportamenti di violenza esaltandoli. In altri termini: l’assenza di limite, l’assenza di freni, la penosa e patetica credenza di poter fare qualsiasi cosa dovuta all’illusione che dà la potenza sessuale, ovviamente in negativo – per il positivo ci vuole ben altro che l’illusione di potenza generata dall’istintualità sfrenata – possono contribuire a portare in rovina gli individui e alla lunga con essi la società in cui operano. Allora si deve limitare o magari conculcare la libertà sessuale? Assolutamente no, essa va caso mai maggiormente rispettata e comunque non avversata, ma questo è altro tema per ulteriori riflessioni. Solo che in una democrazia che voglia progredire verso l’alto, non verso il basso come è andata viepiù cadendo dai suoi inizi nel dopoguerra europeo, non ci può e non ci deve più essere posto per la sfrenatezza istintuale, bensì si deve far posto, ampio posto ai doveri, veri doveri, quelli che impongono l’esercizio della disciplina, per tutti, maschi e femmine, doveri che le illusioni di potenza fuori range possono contrastare. Sono idee vecchie? No, basta vedere in che stato è la società attualmente, in generale. Sono idee da considerare, nessuno obbliga alla condivisione. Non ha detto il nostro grande italiano Leonardo da Vinci che ‘Impedimento non mi piega. Ogni impedimento è distrutto dal rigore. Destinato rigore. Ostinato rigore. Non si volta chi è a stella fisso’? Non si deve per questo diventare come lui, magari si potesse con un po’ di disciplina, ma condivido in pieno che serva tuttavia il rigore, l’unico che dà vera sensazione di potenza, non illusione di potenza, l’unico che dà la possibilità di sperimentare il piacere di essere davvero potenti e non poco. Anche il sesso pertanto, pur giustamente libero nelle scelte, va tenuto sotto controllo, senza che prenda il sopravvento sulla personalità, nella mente degli individui stimolandoli ad azioni non nobili.

Venendo ora al nostro Dante, all’italiano Dante, nel V Canto dell’Inferno il sommo poeta cita Semiramide – lasciamo perdere la storicità o la leggendarietà della stessa, qui ci interessa solo l’opinione dantesca in merito alla sessualità sfrenata – Che a vizio di lussuria fu sì rotta,/che libito fé licito in sua legge. La sua sfrenatezza nella sessualità le fece cambiare le leggi nel suo Paese. Era stato permesso quindi  legalmente a tutto il popolo di contravvenire a ogni limite nella gestione della sessualità, così che non fosse più una vergogna solo della Regina.

Prendiamo per concludere l’esempio di un Paese avanzatissimo, la Germania, libero, democratico e faro della libertà, un Paese dove è legale, tra l’altro e se non ho capito male (La Repubblica, dicembre 2020), fare sesso nudi a Berlino e altrove, ovunque capiti nei luoghi pubblici – chiedo scusa, ma mi sovviene l’involontaria associazione alla legalità introdotta dalla dantesca Semiramide. Questo non sorprende nessuno in Germania e non so se anche già altrove non sorprenda nessuno e sia bene accolta tale legalità. Giustamente, perché ognuno a casa propria fa quello che vuole, ovviamente nella legalità e in Germania la legalità c’è. Ritengo comunque che il sesso libero nei luoghi pubblici, per fare appunto solo un esempio conclusivo, appartenga alle forme dell’istintualità sfrenata, quella che quando prende il sopravvento porta danno e nessun vantaggio. È proprio utile e così indispensabile a una democrazia che voglia e debba andare verso l’alto fare sesso nudi nei luoghi pubblici? Ritengo senz’altro secondo la mia opinione di cittadina italiana ed europea, che sia utile, sempre che si voglia fare dell’uomo una bestia completa, più esattamente: sempre che si voglia per qualche motivo tornare nel più semplice dei modi e di gran carriera allo stato bestiale di un’umanità appartenente all’Ordine dei Primati, la libertà sessuale intesa come mancanza di limite, l’istintualità sfrenata dimentica del sentimento lo possono ottenere molto velocemente in qualità di modello per i giovani e anche per i vecchi – in discesa si va forte anche se si rischia di rompersi l’osso del collo, la salita è faticosa. E se avesse ragione il detto di Bartali, il campione ciclistico secondo cui l’è tutto da rifare? E se qualcuno riflettesse più profondamente e con cognizione di causa sul messaggio di Kubrick e di Dante a proposito del controllo della sessualità pur libera ovviamente, per non parlare di Leonardo da Vinci e del suo magnifico, straordinario e sovrano elogio del rigore? Non si rifarebbe tutto come avrebbe voluto Bartali, ma si comincerebbe almeno con qualcosa, per altro con qualcosa di molto più importante per la personalità degli umani di quanto si possa credere, come è stato accennato più sopra. Forse non è ancora troppo tardi, detto senza nessuna illusione di potenza. E se ad esempio la Germania volesse continuare, come è suo totale e inviolabile diritto sovrano a casa sua, con le leggi su accennate e tante altre? Benissimo, basta che non le imponga ad altri che magari non le vogliono a casa loro.

                                                                              Rita Mascialino




 



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