Rita Mascialino, Identità di grammaticale di genere e identità dell'essere umano
Partendo dal punto di vista democratico secondo il quale ognuno ha diritto di scegliersi un sesso diverso da quello somatico sul piano psicologico, anche diritto di mutare il sesso somatico stesso in base a terapie e operazioni chirurgiche, partendo da ciò viene difficile accettare la confusione che ne è sorta a proposito dei generi grammaticali nell’Unione Europea. Come conseguenza del cambio di sesso sul piano psicologico, sembra che ci siano molti problemi sull’uso del genere maschile o femminile per l’identificazione anagrafica, tanto più che tale genere può essere alternato in base ai desideri del momento per così dire, anche in seno ad una stessa giornata come nel genere oggi cosiddetto fluido. Quale soluzione del problema grammaticale che è derivato da tutto ciò, pare che il maschile e il femminile non potranno più esistere nei documenti, bensì potrebbero essere sostituiti da un asterisco in luogo delle desinenze discriminanti o per tutti gli esseri umani in differenziatamente, a parte ulteriori modifiche che si possono prevedere vista l’incertezza delle ipotesi sul tema dei generi ad esempio secondo le indicazioni proposte o emanate di volta in volta dai pensatori dell’UE, i quali non sono ancora riusciti a uscire dall’impasse, trovando una soluzione logica sul piano orale e scritto.
Studio Fotografico Valentina Venier - Udine, Via grazzano 38Mi occuperei in questa riflessione principalmente della
presenza eventuale di un asterisco che nasconda il genere dell’individuo, del
cittadino in democrazia per rispetto della Privacy, come è stato proposto dall’Unione
Europea. Tutto ciò con difficoltà e complicazioni – non complessità – relative
agli appellativi illocutivi nell’uso comune per le persone quando ci si vuole
appunto rivolgere ad esse – tipo signore o signora, per far un
solo esempio –, questo perché colui o colei o coloro dotato o dotata o dotati e
dotate di un sesso psicologico diverso da quanto usualmente creduto in base al
sesso somatico, potrebbe o potrebbero sentirsi, per altro giustamente, offeso offesa
offesi offese o discriminato discriminata discriminati discriminate ingiustamente.
Si vedono immediatamente gli appesantimenti e le prolissità burocratiche del
caso. Gli asterischi eviterebbero la prolissità, ma non l’accumulo costante
degli asterischi stessi e porterebbero nel tempo a cambiamenti linguistici di
perdita di differenziazioni come già ad esempio
l’inglese ne mostra di suo in una semplificazione che non appartiene
alla personalità latino-italiana e che quindi, nella fattispecie, produrrebbe,
forse, qualche stravolgimento identitario non proprio positivo su cui si potrebbe riflettere in altra sede – i
popoli non sono tutti uguali e non lo devono obbligatoriamente diventare.
C’è da chiedersi per primo a proposito degli
appellativi e dei documenti, delle lettere e dei certificati e di tutto il
resto di analogo: perché si deve nascondere il proprio sesso somatico o
genetico? La risposta appare semplice quanto circolare: perché si vuole avere
un sesso diverso e il permanere di quello somatico nella grammatica del
linguaggio sarebbe sentito come una non accettazione della propria scelta
diversa, ossia ci si sentirebbe come persone diverse, prive della cittadinanza
per così dire. Ma per fare un esempio celebre: Giulio Cesare era soprannominato
il marito di tutte le mogli e la
moglie di tutti i mariti e questo non lo disturbava minimamente, almeno
all’apparenza, era un maschio forte, tanto forte e non gliene poteva importare
di meno delle prese in giro – oggi assolutamente e giustissimamente vietate –
per le sue scelte etero e omo di cui non faceva nessun mistero secondo
l’occasione. Per altro le nozze tra gay pare fossero all’epoca consentite per
quanto si verificassero molto raramente e solo tra maschi. Certo, Giulio Cesare
era, detto con una diafora, Giulio Cesare, un grande uomo, scrittore e audace
guerriero, nonché politico a Roma, ma, in ogni caso, credo si debba produrre
qualche soluzione migliore di quella relativa al nascondimento dei generi, agli
asterischi o altro di simile.
Ma allora, che cosa proporrei io stessa? Molto
difficile a idearsi, ci pensano già, come accennato, autorevoli pensatori e
pensatrici al Consiglio Europeo senza trovare soluzioni soddisfacenti che non
rechino danno a nessuno e che non aumentino lo stato confusionale. Se tuttavia dovessi
esprimermi, io lascerei, grammaticalmente in tutti i documenti, il genere
rappresentato somaticamente – o geneticamente – con l’aggiunta ‘detta’ e nome maschile
per una donna e ‘detto’ con nome femminile per un maschio, ponendo una fine che
valuto del tutto decorosa per chiunque alla quaestio riguardante i
generi grammaticali che pare presentarsi come infinita, non risolvibile,
soprattutto non risolvibile dando la validità assoluta a preferenze
psicologiche che possono variare dando luogo a una giostra assurda delle
identità. Ribadendo: direi di lasciar valere i generi somatici e genetici con
l’aggiunta dei nuovi nomi nei documenti anagrafici e di qualsiasi tipo, questo
per non creare disfunzioni burocratiche e a nessun livello per nessuno e in
perfetta trasparenza e diritto di ciascuno.
Ritengo davvero poco accettabile la rivoluzione
linguistica grammaticale a proposito dei generi, io non vorrei mai avere un
asterisco in luogo della mia identità di genere che è quella di una donna, mi
sentirei defraudata di parte essenziale dell’identità, del riconoscimento della
mia identità somatica a prescindere da quella psicologica visto che la potrei
avere senza nasconderla, ossia se ne avessi un’altra diversa sul piano psicologico
io personalmente rinuncerei anche al ‘detta’ con nome maschile perché non me ne
potrebbe importare di meno, ma appunto questo fa parte della mia personalità
che non deve coinvolgere la personalità di tutti, ci mancherebbe. In ogni caso non
mi andrebbe bene di nascondermi dietro un asterisco – ciò che non accetterei
mai a prescindere da qualsiasi legge in merito –, troppo forte è in me il senso
della più compatta identità personale pur comprensiva delle possibili e più
varie sfumature identitarie, sono Rita Mascialino e come tale voglio essere
riconosciuta a prescindere da eventuali possibili varietà psicologiche che
posso avere come è nella norma delle cose in fatto di identità di genere. In
ogni caso accetterei al massimo, se avessi una doppia identità di tipo sessuale
e di personalità corrispondente che non ho, il nome di genere diverso come
‘detta’ con nome maschile scelto una volta per tutte, con buona pace della
morfologia.
Non mi occupo qui del problema della scelta del sesso
psicologico alle elementari o alle medie, quando la fanciullezza e la preadolescenza
possono giocare scherzi notevoli al proposito, appunto non me ne occupo in
questa riflessione in cui mi sono occupata della semantica grammaticale di
genere estesa ai documenti, agli appellativi illocutivi e ai nomi aggiunti con
il ‘detto’ e ‘detta’, semantica degli asterischi e dei nascondimenti da me assolutamente
rifiutata su base del pensiero oggettivamente democratico e logico. In un’epoca
di trasparenza, almeno dichiarata e richiesta in ogni settore, proprio il nascondimento
dell’identità sessuale, somatica o genetica e di conseguenza anagrafica, ritengo
sia, anzi debba essere inaccettabile a tutti i livelli.
Per altro, nella fattispecie, c’è tuttavia un problema
non da poco da tenere presente: la situazione generale di non comprensione
della semantica relativa al concetto e termine diritto. Nessuno toglie
alle persone il sacrosanto diritto di sentirsi uomini o donne a prescindere dal
loro sesso somatico o genetico e a essere riconosciuti come preferiscano, ma
questo diritto non può causare possibili disfunzioni pratiche e concettuali,
danni dovuti alla confusione possibile nella società, danni nella cultura umana
che potrebbe così venire sottoposta, sottilmente e subliminalmente, a un
trattamento di globalizzazione di genere a livello micro- e macroscopico degli
individui e dei popoli deprivati in parte, nel tempo medio, del senso unitario
dato da una forte e unica identità – non tutti sono Giulio Cesare –, la quale a
me pare un buon mezzo per rafforzare e non per indebolire la salute mentale di
ciascuno. Inoltre non riesco a evitare di ritenere che dando questo tipo di
cosiddetta libertà sessuale agli individui, si dia loro un giocattolo adatto a
soddisfarli e a fare perdere tempo, prezioso tempo, ciò portando via troppo
spazio a interessi, mi si conceda, ben più validi che asterischi o fluidità di
genere. L’identità sessuale è una composizione di sfumature in varie
proporzioni nella quale una prevale sulle altre – lasciando perdere qui ogni
approfondimento della questione del prevalere nell’ambito –, non è mai né può
essere mai del tutto unitaria psicologicamente e questo è un dato di fatto,
consciamente o inconsciamente presente, in tutti, ma ciò non può rischiare di
diventare il diversivo per eccellenza, un po’come il cibo che, se assunto a
volontà, dà una soddisfazione che copre magari tutte le altre possibili o molte
altre possibili soddisfazioni, più interessanti e utili al progresso del
singolo e dell’umanità. Per chiarire: non solo il cibo, ma anche il sesso
divenuto gioco dominante – lasciando qui stare tutti gli altri giochi possibili
– può indebolire il desiderio di foscoliane ‘egregie cose’ attraverso una falsa
soddisfazione onnivalente e a buon mercato, molto a buon mercato, così che
terribilmente il gioco con il sesso e con le illusioni a questo collegate sprechi
o smorzi le forze migliori di ciascuno. Si tratta di priorità e credo che le
foscoliane ‘egregie cose’, come tensione ad esse ed eventuali realizzazioni,
debbano avere la priorità per il bene di tutti, per un senso più alto di
democrazia e di progresso nel contesto di diritti e di doveri.
Per concludere: meglio dell’inaccettabile asterisco
che nasconde, ben vengano ‘detto’ e ‘detta’ nei documenti, come più sopra, così
che sia tutto trasparente e onorevole, alla luce del sole e non oscurato
assurdamente aumentando la confusione e l’equivoco identitario.
RITA MASCIALINO
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