mercoledì 12 giugno 2024

Rita MascialinoIdentità grammaticale di genere e identità dell'essere umano 


Partendo dal punto di vista democratico secondo il quale ognuno ha diritto di scegliersi un sesso diverso da quello somatico sul piano psicologico, anche diritto di mutare il sesso somatico stesso in base a terapie e operazioni chirurgiche, partendo da ciò viene difficile accettare la confusione che ne è sorta a proposito dei generi grammaticali nell’Unione Europea. Come conseguenza del cambio di sesso sul piano psicologico, sembra che ci siano molti problemi sull’uso del genere maschile o femminile per l’identificazione anagrafica, tanto più che tale genere può essere alternato in base ai desideri del momento per così dire, anche in seno ad una stessa giornata come nel genere oggi cosiddetto fluido. Quale soluzione del problema grammaticale che è derivato da tutto ciò, pare che il maschile e il femminile non potranno più esistere nei documenti, bensì potrebbero essere sostituiti da un asterisco in luogo delle desinenze discriminanti o per tutti gli esseri umani in differenziatamente, a parte ulteriori modifiche che si possono prevedere vista l’incertezza delle ipotesi sul tema dei generi ad esempio secondo le indicazioni proposte o emanate di volta in volta dai pensatori dell’UE, i quali non sono ancora riusciti a uscire dall’impasse, trovando una soluzione logica sul piano orale e scritto.

Mi occuperei in questa riflessione principalmente della presenza eventuale di un asterisco che nasconda il genere dell’individuo, del cittadino in democrazia per rispetto della Privacy, come è stato proposto dall’Unione Europea. Tutto ciò con difficoltà e complicazioni – non complessità – relative agli appellativi illocutivi nell’uso comune per le persone quando ci si vuole appunto rivolgere ad esse – tipo signore o signora, per far un solo esempio –, questo perché colui o colei o coloro dotato o dotata o dotati e dotate di un sesso psicologico diverso da quanto usualmente creduto in base al sesso somatico, potrebbe o potrebbero sentirsi, per altro giustamente, offeso offesa offesi offese o discriminato discriminata discriminati discriminate ingiustamente. Si vedono immediatamente gli appesantimenti e le prolissità burocratiche del caso. Gli asterischi eviterebbero la prolissità, ma non l’accumulo costante degli asterischi stessi e porterebbero nel tempo a cambiamenti linguistici di perdita di differenziazioni come già ad esempio  l’inglese ne mostra di suo in una semplificazione che non appartiene alla personalità latino-italiana e che quindi, nella fattispecie, produrrebbe, forse, qualche stravolgimento identitario non proprio positivo su cui  si potrebbe riflettere in altra sede – i popoli non sono tutti uguali e non lo devono obbligatoriamente diventare.

C’è da chiedersi per primo a proposito degli appellativi e dei documenti, delle lettere e dei certificati e di tutto il resto di analogo: perché si deve nascondere il proprio sesso somatico o genetico? La risposta appare semplice quanto circolare: perché si vuole avere un sesso diverso e il permanere di quello somatico nella grammatica del linguaggio sarebbe sentito come una non accettazione della propria scelta diversa, ossia ci si sentirebbe come persone diverse, prive della cittadinanza per così dire. Ma per fare un esempio celebre: Giulio Cesare era soprannominato il marito di tutte le mogli  e la moglie di tutti i mariti e questo non lo disturbava minimamente, almeno all’apparenza, era un maschio forte, tanto forte e non gliene poteva importare di meno delle prese in giro – oggi assolutamente e giustissimamente vietate – per le sue scelte etero e omo di cui non faceva nessun mistero secondo l’occasione. Per altro le nozze tra gay pare fossero all’epoca consentite per quanto si verificassero molto raramente e solo tra maschi. Certo, Giulio Cesare era, detto con una diafora, Giulio Cesare, un grande uomo, scrittore e audace guerriero, nonché politico a Roma, ma, in ogni caso, credo si debba produrre qualche soluzione migliore di quella relativa al nascondimento dei generi, agli asterischi o altro di simile. 

Ma allora, che cosa proporrei io stessa? Molto difficile a idearsi, ci pensano già, come accennato, autorevoli pensatori e pensatrici al Consiglio Europeo senza trovare soluzioni soddisfacenti che non rechino danno a nessuno e che non aumentino lo stato confusionale. Se tuttavia dovessi esprimermi, io lascerei, grammaticalmente in tutti i documenti, il genere rappresentato somaticamente – o geneticamente – con l’aggiunta ‘detta’ e nome maschile per una donna e ‘detto’ con nome femminile per un maschio, ponendo una fine che valuto del tutto decorosa per chiunque alla quaestio riguardante i generi grammaticali che pare presentarsi come infinita, non risolvibile, soprattutto non risolvibile dando la validità assoluta a preferenze psicologiche che possono variare dando luogo a una giostra assurda delle identità. Ribadendo: direi di lasciar valere i generi somatici e genetici con l’aggiunta dei nuovi nomi nei documenti anagrafici e di qualsiasi tipo, questo per non creare disfunzioni burocratiche e a nessun livello per nessuno e in perfetta trasparenza e diritto di ciascuno.

Ritengo davvero poco accettabile la rivoluzione linguistica grammaticale a proposito dei generi, io non vorrei mai avere un asterisco in luogo della mia identità di genere che è quella di una donna, mi sentirei defraudata di parte essenziale dell’identità, del riconoscimento della mia identità somatica a prescindere da quella psicologica visto che la potrei avere senza nasconderla, ossia se ne avessi un’altra diversa sul piano psicologico io personalmente rinuncerei anche al ‘detta’ con nome maschile perché non me ne potrebbe importare di meno, ma appunto questo fa parte della mia personalità che non deve coinvolgere la personalità di tutti, ci mancherebbe. In ogni caso non mi andrebbe bene di nascondermi dietro un asterisco – ciò che non accetterei mai a prescindere da qualsiasi legge in merito –, troppo forte è in me il senso della più compatta identità personale pur comprensiva delle possibili e più varie sfumature identitarie, sono Rita Mascialino e come tale voglio essere riconosciuta a prescindere da eventuali possibili varietà psicologiche che posso avere come è nella norma delle cose in fatto di identità di genere. In ogni caso accetterei al massimo, se avessi una doppia identità di tipo sessuale e di personalità corrispondente che non ho, il nome di genere diverso come ‘detta’ con nome maschile scelto una volta per tutte, con buona pace della morfologia.

Non mi occupo qui del problema della scelta del sesso psicologico alle elementari o alle medie, quando la fanciullezza e la preadolescenza possono giocare scherzi notevoli al proposito, appunto non me ne occupo in questa riflessione in cui mi sono occupata della semantica grammaticale di genere estesa ai documenti, agli appellativi illocutivi e ai nomi aggiunti con il ‘detto’ e ‘detta’, semantica degli asterischi e dei nascondimenti da me assolutamente rifiutata su base del pensiero oggettivamente democratico e logico. In un’epoca di trasparenza, almeno dichiarata e richiesta in ogni settore, proprio il nascondimento dell’identità sessuale, somatica o genetica e di conseguenza anagrafica, ritengo sia, anzi debba essere inaccettabile a tutti i livelli.

Per altro, nella fattispecie, c’è tuttavia un problema non da poco da tenere presente: la situazione generale di non comprensione della semantica relativa al concetto e termine diritto. Nessuno toglie alle persone il sacrosanto diritto di sentirsi uomini o donne a prescindere dal loro sesso somatico o genetico e a essere riconosciuti come preferiscano, ma questo diritto non può causare possibili disfunzioni pratiche e concettuali, danni dovuti alla confusione possibile nella società, danni nella cultura umana che potrebbe così venire sottoposta, sottilmente e subliminalmente, a un trattamento di globalizzazione di genere a livello micro- e macroscopico degli individui e dei popoli deprivati in parte, nel tempo medio, del senso unitario dato da una forte e unica identità – non tutti sono Giulio Cesare –, la quale a me pare un buon mezzo per rafforzare e non per indebolire la salute mentale di ciascuno. Inoltre non riesco a evitare di ritenere che dando questo tipo di cosiddetta libertà sessuale agli individui, si dia loro un giocattolo adatto a soddisfarli e a fare perdere tempo, prezioso tempo, ciò portando via troppo spazio a interessi, mi si conceda, ben più validi che asterischi o fluidità di genere. L’identità sessuale è una composizione di sfumature in varie proporzioni nella quale una prevale sulle altre – lasciando perdere qui ogni approfondimento della questione del prevalere nell’ambito –, non è mai né può essere mai del tutto unitaria psicologicamente e questo è un dato di fatto, consciamente o inconsciamente presente, in tutti, ma ciò non può rischiare di diventare il diversivo per eccellenza, un po’come il cibo che, se assunto a volontà, dà una soddisfazione che copre magari tutte le altre possibili o molte altre possibili soddisfazioni, più interessanti e utili al progresso del singolo e dell’umanità. Per chiarire: non solo il cibo, ma anche il sesso divenuto gioco dominante – lasciando qui stare tutti gli altri giochi possibili – può indebolire il desiderio di foscoliane ‘egregie cose’ attraverso una falsa soddisfazione onnivalente e a buon mercato, molto a buon mercato, così che terribilmente il gioco con il sesso e con le illusioni a questo collegate sprechi o smorzi le forze migliori di ciascuno. Si tratta di priorità e credo che le foscoliane ‘egregie cose’, come tensione ad esse ed eventuali realizzazioni, debbano avere la priorità per il bene di tutti, per un senso più alto di democrazia e di progresso nel contesto di diritti e di doveri.

Per concludere: meglio dell’inaccettabile asterisco che nasconde, ben vengano ‘detto’ e ‘detta’ nei documenti, come più sopra, così che sia tutto trasparente e onorevole, alla luce del sole e non oscurato assurdamente aumentando la confusione e l’equivoco identitario.

                                                                                                                   RITA MASCIALINO 

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Immagine: Rita Mascialino presentata (18 marzo 2018, La Valletta Brianza) dal giornalista e scrittore Claudio Pina alla Presentazione di Pietre d'inciampo di Paolo Menon (Bellavite Editore: Missaglia (Lecco): marzo  2018 - Studio introduttivo di Rita Mascialino Le 'Pietre d'inciampo' di Paolo Menon o il canto dell'uomo per la memoria di Dio, saggio (pp. 35).


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